Economia

L’educazione finanziaria: un tema strategico per l’economia e la politica

L’educazione finanziaria è ormai un tema strategico di politica economica e sociale. Il decreto salva banche ha messo in luce come le scelte finanziarie comportino conseguenze e quanto sia necessario esserne consapevoli. Dall’ indagine Pisa 2012 sul livello di alfabetizzazione finanziaria, condotta su circa 29.000 studenti quindicenni di 18 Paesi ed economie dell’OCSE, gli italiani risultano penultimi, avanti solo alla Colombia. Il dato non migliora per gli adulti; la rilevazione Standard & Poor’s Ratings Services Global Financial Literacy Survey del 2015, relativa a più di 140 paesi, mostra che meno del quaranta per cento degli italiani conosce tre, tra i concetti fondamentali di inflazione, tasso di interesse, interesse composto e diversificazione del rischio. Tuttavia, si parla di educazione in termini di cultura finanziaria e di conoscenza dei prodotti, non considerando che la sola istruzione non è sufficiente per essere in grado di prendere decisioni consapevoli in campo finanziario ed economico e, soprattutto, che educare non significa rendere l’utente esperto del mondo finanziario o consumatore emancipato.

Gli utenti non devono diventare dottori per curare sé stessi o avvocati per rappresentarsi da soli in aula. Anzi, il fai da te, in un contesto economico caratterizzato da continui e veloci cambiamenti, potrebbe risultare ancora più dannoso. Perché, per esempio, applicare il concetto di diversificazione finanziaria non è semplicemente suddividere i propri risparmi in modo uniforme tra le diverse opzioni di investimento, ma consiste in un processo più complesso. Occorre innanzitutto individuare le varie fasi del ciclo di vita personale e familiare; in seguito, determinare in modo chiaro gli obiettivi finanziari e saper bilanciare le classi di attività nonostante l’incertezza e l’ampiezza di opportunità, al fine di generare comportamenti virtuosi e non viziosi. Inoltre, non indirizzare le politiche sociali verso programmi educativi comporta un costo per la collettività. Avere domani un esercito di pensionati che non sono autosufficienti è un problema di welfare, che non si risolve affermando che lo Stato non ha risorse e che dal 1992 ha incominciato a restituire le tutele pubbliche alla responsabilità dei cittadini. Bisogna aiutare le persone a costruire il futuro, educarle a pianificare il domani e a mettere in sicurezza il presente, coinvolgendo tutti in un welfare partecipativo: Stato, famiglia, terzo settore, associazionismo, mercato e, anche, il cittadino stesso. In Inghilterra i programmi educativi sono varati dal Governo e se ne riconosce il beneficio per la collettività, misurandola in minore spesa pubblica.

Ripristinare la fiducia è compito arduo, ma necessario per rendere i cittadini capaci di valutare la professionalità degli operatori e la qualità delle informazioni e indirizzarli verso un rapporto corretto con il proprio educatore e/o consulente. Rapporto basato sulla trasparenza e la determinazione dei rispettivi ruoli.

In Italia la norma tecnica UNI 11402:2011 definisce i requisiti per la progettazione, l’erogazione e la valutazione del servizio di Educazione finanziaria del cittadino. Rappresenta un punto di riferimento nel contesto internazionale e un punto di partenza per il percorso di educazione finanziaria.

Maria Luisa Visione

Katiuscia Vaselli

Nata nel cuore di Siena, giornalista e contradaiola fervente. Ora Capo-redattorice di Siena News e Presidentessa di Dinamo Digitale.

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Katiuscia Vaselli

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