Economia

L’Italia tra il ricalcolo dei vitalizi ai politici e i salari ai minimi storici

Fa scalpore sentir parlare di ricalcolare i vitalizi ai Parlamentari. Tema politico che nasconde, valutazioni e riflessioni di tipo economico. La crisi accentua sempre il divario tra ricchi e poveri, o forse, per dirla tutta, tra una classe media che è diventata povera negli ultimi quindici anni e, i ricchi veri, intramontabili, di nome e di fatto.

La questione è che i sistemi di calcolo pensionistici sono figli dei momenti storici in cui nascono. A proposito di cariche politiche, quando a metà del secolo scorso furono introdotti i vitalizi, lo scopo originario era quello di garantire uno stipendio a coloro che, per mettersi a servizio della politica, avevano scelto di abbandonare il lavoro. L’effetto finale, però, non è stato poi così nobile, permettendo anche a chi aveva lavorato pochi giorni di godere di tale privilegio.

La faccenda, al di là della giusta indignazione morale, nonostante si sia riportata l’asticella nel mezzo nel 2011, con la decisione di rendere il sistema contributivo uguale per tutti e quindi applicabile a tutti a partire dal 2012, è economica, perché chiede di ricalcolare con il metodo contributivo, i vitalizi di un alto numero di parlamentari e, quindi, di liberare risorse e far risparmiare soldi allo Stato. Chiede anche, di portare il limite dell’età pensionabile a 65 anni, senza applicazioni in diminuzione, come accade attualmente, oltre che di estendere la proposta di riforma Richetti ai Consiglieri regionali. Anche il momento in cui far partire il pagamento è una questione di numeri e di minori uscite per lo Stato.

Bisognerebbe, a mio avviso, guardare le cose con una visione d’insieme. Ad esempio, molti non credono che il fenomeno della povertà in Italia sia già a livelli di attenzione alta, perché non la vediamo. La nostra cultura ci ha portato ad essere un popolo di risparmiatori e a realizzare il sogno della prima casa per la maggior parte di noi. In famiglia dove non arrivano i genitori ci sono i nonni e, le mamme italiane, si sono negli anni generosamente fatte carico della necessità di assistenza ai familiari.

Ma il FMI, fonte autorevolissima, tuona e afferma che gli italiani oggi guadagnano in media meno di 20 anni fa, con i salari e la ricchezza della popolazione in età lavorativa scesi sotto i livelli del 1995, prima dell’ingresso nell’euro. Oggi per il FMI la quota degli italiani a rischio povertà è aumentata al 29%, con un picco del 44%.

Allora, se proviamo a guardare l’insieme, non ci sorprenderà l’affermazione di Boeri, Presidente dell’Inps, per cui “i giovani non hanno paracadute e sono così costretti a restare in famiglia. Ciò riduce la mobilità e quindi la possibilità di cogliere opportunità”. I dati economici del presente e del passato ci raccontano che, in quest’epoca, l’unico sistema pensionistico sostenibile è quello contributivo. Tale sistema narra anche di una giustizia sociale, perché ognuno percepirà sulla base di quanto ha contribuito.

Ecco il nodo: restituire una società che consenta di costruire il domani con il lavoro. Era questo ieri e sarà questo domani. Tutte le riforme che hanno interessato la previdenza pubblica hanno cercato di riportare in equilibrio il controllo della spesa dello Stato nel tempo, dal momento che le uscite per le pensioni in pagamento sono determinate dalle entrate degli attuali lavoratori.

Riportare il sistema in equità è importante e va fatto. Ma per evitare che non basti e si proceda a piccoli passi, senza arrivare mai alla meta, bisogna guardare l’insieme. I pensionati che beneficiano del sistema retributivo andranno a scemare. Rimarranno solo quelli con il sistema contributivo e se non si versa saranno dolori.

Il mio modello economico di società si basa su una capacità per lo Stato di spendere a deficit che incontra solo il limite del benessere della popolazione, consentendo ai suoi cittadini di contribuire attivamente; una società che sappia riconoscere le categorie più deboli e restituire loro dignità. Dove l’assistenza è sostituita dalla possibilità di esprimere attitudini e trasformarle in crescita per il Paese.

Ciò accade se lo Stato ha autonomia di spesa. La sua sovranità dipende dalle sue scelte politiche.

Maria Luisa Visione

Francesco Laezza

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Francesco Laezza

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