Metti che un giorno ti trovi in stazione e vedi in alto il contatore del debito pubblico italiano che ti ricorda ogni 3 secondi come sei messo. Potresti pensare che è una trovata tutta italiana, ma basta navigare su internet per imbattersi in una sloat machine di contatori tutta americana (http://www.usdebtclock.org/) e accorgersi che, in realtà, l’orologio del debito degli Stati viaggia in tempo reale in tutto il mondo.
Il nostro, di debito pubblico, al 31 dicembre del 2017 era pari a 2.256,1 miliardi di euro, in aumento di 36,6 miliardi rispetto all’anno precedente. Ora, se una persona ha letto la notizia pubblicata da Banca d’Italia e tra un treno e l’altro, da Roma a Milano, alza gli occhi, vedendo il contatore ancora più in crescita (dato che i numeri sono stimati sulla base dei due mesi precedenti), ha un effetto a dir poco catastrofico.
Ma, se, invece, in contemporanea, ci fossero i contatori degli altri Paesi, con il tempo necessario a ognuno per azzerare il debito pubblico, forse si sposterebbe il tema del dibattito, dalle responsabilità dei Governi e dalla necessità di attuare riforme austere, alle azioni reali da mettere in campo per creare benessere, occupazione, crescita, senza continuare ad aumentare la povertà e le differenze sociali.
Per esempio, in Germania, da inizio anno, il contatore del debito pubblico tedesco esposto a Berlino, è stato riprogrammato all’indietro in maniera simbolica, a onorare, per la prima volta, dopo un ventennio di rialzi, la discesa a suon di ticchettii al ribasso di 78 euro al secondo. Ma a conti fatti per ridurlo a zero anche i tedeschi, tanto virtuosi, ci metterebbero più di 8 secoli.
Perché sulla capacità di azzerare il debito pubblico in tempi brevi, non ci sono vincitori e vinti tra la maggior parte dei Paesi sviluppati.
Forse, allora, la verità è un’altra. Tanto è vero che in tema di differenziale tra Bund e Titoli di Stato italiani, in un recente studio di Bank of America Merrill Lynch, si ipotizza che, dopo le elezioni, lo spread potrebbe scendere a 80, dando un segnale di forte stabilità agli investitori. Al di là delle previsioni, nessuno sarà in grado di riuscire in tempi così brevi a ridurre l’ammontare del nostro debito, ma sembra, che ciò potrebbe non interessare ai mercati finanziari, i quali potrebbero essere disposti a far pagare all’Italia meno interessi sui titoli di nuova emissione.
Metterci di fronte al debito pubblico mentre viaggiamo sembra volerci ricordare che abbiamo un problema, convincendoci che occorre continuare nella direzione delle riforme strutturali e tagliare la spesa, visto che il nostro rapporto debito/PIL è al 132%.
Tuttavia, altri Stati, non sembrano così preoccupati di fronte allo stesso rapporto che supera oggi il 100% o anche il 200%.
Di fatto, nessuno Stato debitore si preoccupa, se è in grado di ripagare il proprio debito, certezza che deriva dall’autonoma capacità di emissione monetaria.
Maria Luisa Visione