Il titolo Mps continua a scendere in Borsa. Anche stamani, dopo il meno dieci per cento di ieri, il titolo scende sotto 1,30, registrando un meno cinque per cento. Ad accendere la nuova miccia è stata la Bce che, venerdì a mercati chiusi, ha diffuso un’anteprima dell’esame “Srep”, cui viene annualmente sottoposta ogni banca e con cui dopo avere analizzato rischi, strategie e governance, la Vigilanza Ue assegna a ogni istituto una soglia minima di patrimonio considerata ottimale.
Nella bozza, Francoforte solleva dubbi sulla capacità della banca di attuare il piano di ristrutturazione. E raccomanda a Siena non solo di migliorare la redditività ma anche di svalutare completamente entro il 2026 (oppure spiegare perché non lo fanno) i nuovi flussi di sofferenze e lo stock di crediti deteriorati in essere allo scorso marzo, con un impatto potenziale che potrebbe oscillare – secondo le stime degli analisti – tra gli 8,7 e gli 1,1 miliardi. Una bella pressione per il Monte che l’ad Marco Morelli sta tentando di far tornare una banca «normale» dopo l’intervento dello Stato.
Ma a tremare è l’intero comparto del credito che teme un pugno duro della Bce applicato a tutto il sistema. Ieri il Creval ha così ceduto in Borsa il 5,5%, Bper il 3,8%, il Banco Bpm il 2,3%, Unicredit quasi due punti e Intesa Sanpaolo l’1,4 per cento. La versione originale del cosiddetto «Addendum» sui crediti difficili promosso dall’allora capo della Vigilanza Ue, Daniéle Nouy prevedeva la svalutazione dello stock di deteriorati entro sette anni. Poi dopo l’altolà del Parlamento europeo (che aveva accusato la Nouy di sconfinare nel campo legislativo, di competenza di Bruxelles) era stata superata da una versione più leggera proposta dalla Commissione Ue che prevede la svalutazione solo dei nuovi flussi. Il messaggio inviato venerdì a Mps lascia però intendere che la Vigilanza potrebbe utilizzare un approccio differente caso per caso.