Dal 1° maggio 2017 e, sino al 31 dicembre 2018, partirà ufficialmente l’APE volontario, che consentirà l’anticipo pensionistico a chi ha raggiunto almeno 63 anni e si trova a non più di 3 anni e 7 mesi dal pensionamento di vecchiaia obbligatorio. Esodo volontario certo, purché si sia disposti a incorrere in qualche effetto negativo come la riduzione dell’assegno pensionistico. La coperta è corta; così rimane soggettiva l’unica guida ragionevole per decidere cosa scegliere tra qualche anno di lavoro in meno oggi o maggior denaro in entrata domani. Trade off singolare quello esistente tra tempo e risorse. A differenza dell’APE sociale, in cui viene erogato un sussidio dallo Stato per i lavoratori meritevoli di particolare tutela, in quello volontario le risorse provengono da intermediari finanziari privati.
Tuttavia, c’è una novità interessante: l’APE aziendale, strumento dato in mano alle imprese per finanziare l’uscita dei lavoratori, contenendo i costi a loro carico e favorendo il ricambio generazionale. Novità utile per tutti.
Senza necessità di accordo sindacale, i datori di lavoro del settore privato (ma anche enti bilaterali o fondi di solidarietà settoriali) potranno sovvenzionare l’APE volontario del lavoratore. La cifra consensuale da versare non potrà, però, essere inferiore all’equivalente della contribuzione obbligatoria, calcolato a copertura del periodo corrispondente all’effettivo anticipo rispetto alla data di pensionamento (minimo 6 mesi).
Nel caso, ad esempio, di un dipendente che guadagna 20.000 euro lordi l’anno, il datore di lavoro verserà all’Inps, in un’unica soluzione, l’importo pari ai contributi che versa regolarmente, ovvero circa il 33% per gli anni mancanti alla data di pensionamento obbligatoria. Ipotizziamo che manchino 2 anni, verserà euro 13.200.
La somma versata si aggiungerà al montante contributivo del dipendente sul quale verrà applicato il coefficiente di conversione in rendita. In questo modo, il lavoratore vedrà aumentato l’importo dell’assegno pensionistico, che con l’adesione all’APE volontario, viene normalmente eroso dalla rata di restituzione del prestito ventennale. Si potrebbe, quindi, verificare che l’APE aziendale annulli la penalizzazione sulla pensione finale derivante dal pagamento delle rate di restituzione del prestito.
L’avvertenza per l’impresa è quella di rispettare la scadenza di versamento prevista (entro la fine del mese successivo al primo anticipo), pena l’applicazione di sanzione (5,5% l’anno).
Per completezza, segnalo che rimane in vigore il meccanismo dell’isopensione previsto dalla legge 92/2012, in base al quale, però, le imprese che sostengono l’anticipo: hanno il costo attivo dell’assegno di accompagnamento; procedono solo con accordo sindacale e accedono solo se hanno più di 15 dipendenti. A favore dell’isopensione rimane, invece, l’estensione dell’anticipo a 4 anni.
Mi sorprende sempre come, nell’emanare alcune misure, incidano parametri che a prima vista sembrano poco significativi. Numeri che, considerati in termini relativi, possono fare la differenza nelle scelte. Tenerne conto e capirne l’incidenza, richiede sempre un processo di consulenza attenta e qualificata in grado di dare la misura quantitativa, nel rispetto di quella qualitativa, per sua natura sempre personale.
Nonostante, parafrasando il poeta Esiodo, “La giusta scelta del momento è in tutte le cose il fattore più importante”.
Maria Luisa Visione
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