Economia

Parlando di inflazione: Visco e il lungo termine

Il fatto che l’inflazione abbia avuto una forte accelerazione attestandosi a valori quasi dimenticati, sia per gli Stati Uniti dove ha raggiunto in maggio l’8,6%, che per Europa dove ha registrato l’8,1%, è il punto di partenza dell’intervento datato 16 giugno del Governatore della Banca d’Italia.

Visco, sottolinea, però, che se si decurtano energia e beni alimentari, i valori scendono, rispettivamente al 6% e al 4%, evidenziando ragioni congiunturali, che impattano in maniera significativa, nel breve periodo, sull’indice generale dei prezzi al consumo.

Questo aspetto, che per tutti noi si riflette sul carrello della spesa, sui trasporti e sulle utenze, ha avuto un impatto significativo nelle nostre tasche, con un aumento delle spese sul tenore di vita da mantenere.

La vera domanda, adesso, al di là delle cause spiegate dagli esperti ex post, in maniera tecnicamente ineccepibile, è quanto durerà.

Anche Visco, riferendosi alle ultime previsioni delle maggiori istituzioni internazionali e degli analisti privati che concordano con quelle dell’Eurosistema, fa presente uno scenario di rientro ai valori strutturali della BCE del 2%, nel 2024, con inflazione elevata per tutto il 2022, di circa il 7%, e una riduzione nel 2023 al 3,5%.

In ogni caso, si tratta di previsioni, riviste, tra l’altro, rispetto agli ultimi due trimestri, a dimostrazione che in uno scenario di forte incertezza, come quello attuale, si può incorrere in errore, pur avendo a disposizione tutti gli strumenti e le competenze tecniche del mondo.

Questo significa che, da una parte c’è il “faro” dell’obiettivo della BCE che rappresenta l’aspettativa sulla quale l’inflazione si riposizionerà nel lungo termine, dall’altra la reattività ad eventuali shock, per cui nel breve si possono sbagliare previsioni, generando tensioni finanziarie. Oltre a ciò, va considerato il tema dei salari e delle retribuzioni, che attualmente in Italia non si adeguano in concomitanza all’aumento dell’inflazione. Una parte degli economisti ritiene che aumentare salari e retribuzioni potrebbe generare maggiore inflazione, non minore, dal momento che le imprese, per mantenere inalterati i guadagni, aumentando il costo del lavoro sono costrette ad aumentare, di conseguenza, il prezzo dei prodotti venduti. Al di là dell’essere d’accordo o meno, non sembra aprirsi la prospettiva di un aumento dei salari e delle retribuzioni.

Inoltre, la BCE ha iniziato il percorso di aumento dei tassi di interesse, dichiarando che procederà in modo graduale, a un ritmo che dipenderà dai nuovi dati economici e finanziari e dalle nuove previsioni sulle prospettive per i prezzi nel medio termine. Tradotto: le ultime previsioni di medio termine possono essere riviste se cambiano i dati economici di medio termine.

Accade, quindi, che di fronte a una quasi certezza che può diventare una nuova incertezza, scatti il panico. Visco dichiara che può esserci il rischio di frammentazione dei mercati; in pratica siamo tutti parte dell’UE, ma poi lo spread sale solo per l’Italia e per la Grecia, e secondo il Governatore “un livello del differenziale tra i rendimenti dei titoli decennali di Italia e Germania inferiore a 150 punti base sarebbe giustificato dai fondamentali e comunque certamente non lo sarebbero livelli superiori ai 200 punti”.

Venerdì lo spread ha chiuso a 198,9, con un calo del 7,79%. Alta volatilità dei mercati nel breve periodo, dunque, poca razionalità.

Ma per l’Italia e i conti pubblici, dal mio punto di vita si riaffacciano i temi delle politiche di bilancio e dell’austerità. Non viene dichiarato palesemente, dato che c’è il PNRR in atto che diventa il volano per lo sviluppo economico e per la valorizzazione del lavoro e dell’investimento, nonché, come dicono, lo strumento di “sostituzione” della spesa pubblica in deficit.

La conclusione è che in generale si fa fatica a guardare oltre l’orizzonte e ad aspettare il lungo termine. Dopo una pandemia, con una guerra in corso e con una politica monetaria che deve rimanere credibile in nome dell’UE. D’altra parte, l’aumento dei tassi potrà generare un restringimento del credito. E pensando ai blocchi del 110% aumentano di nuovo l’incertezza e i rischi dell’economia reale.

Dopo oltre 20 anni di lavoro nella finanza ho capito, però, che comunque andrà, il lungo termine arriva comunque e che decidere con un’ottica di breve, quando si hanno obiettivi di lungo, non genera mai valore.

La frase ricorrente è “adesso è diverso”. Ma se ci riflettiamo, ogni volta è stato diverso. 

Nonostante ciò, il mondo non è finito e la speculazione nemmeno.

Maria Luisa Visione

Francesco Laezza

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Francesco Laezza
Tags: Inflazione

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