Pensione e inflazione: rivalutazioni in sala d’attesa

Un tasso di inflazione del 5,7% contro il 4,8% del mese precedente non si vedeva da anni, tanto che se torniamo all’anno scorso, a febbraio 2021, eravamo allo 0,6%.

Avevamo lasciato una media superiore al 5% nel lontano 1995, e forse è quasi impossibile, per alcuni, rammentare che nel 1980 il tasso medio annuo di inflazione è stato addirittura il 21,2%. Ho provato ad andare indietro nel tempo per ricordarmi come si viveva negli anni ’80 e penso che alla domanda del se si stesse meglio di oggi, la risposta più gettonata sarebbe: “Dipende”. Io mi ricordo nitidamente di un Commodore che pensava più lentamente di me, ma anche di una certa spensieratezza nel vivere e di un’idea del domani ricca di prospettiva. Nonostante mio padre, operaio, non avesse uno stipendio alto, non ho memoria di tanta preoccupazione per il tasso di inflazione. Voi direte che era un altro contesto, altre dinamiche, altro scenario, e ci sta, ma il mio ricordo è che vivere sembrava semplice.

In questo presente che è cambiato e continua a cambiare velocemente ogni giorno dobbiamo imparare a fare i conti, e a farli bene. Nel cerchio di chi affronta il caroprezzi i pensionati “non d’oro” italiani si aspetterebbero un adeguamento, vista l’attuale entità della pensione media. Nel 2021 l’Istat ha certificato che l’inflazione si è attestata definitivamente all’1,9%; tuttavia per il dovuto adeguamento e conguaglio occorrerà aspettare il prossimo 1° gennaio 2023.

Va bene aspettare, ma l’attesa quanto vale? Se nel 2021 abbiamo percepito 1.500 € lordi nel 2023 avremo un adeguamento di circa 3 € lordi rispetto al 2022 (1.528,50 € contro 1.525,50 €) e 39 € di arretrati (Fonte: Pensionioggi.it con rielaborazione del tasso ISTAT previsionale registrato per l’anno corrente diffuso a fine novembre 2021). Su una fascia di assegno pensionistico più alta, ad esempio di 3.000 € lordi, si avranno, invece, 3.054,02 € nel 2023 contro i 3.048,33 € del 2021, insieme a 73,92 € di conguaglio. 

Da tener presente che, in considerazione degli aumenti, per i lavoratori dipendenti nel 2022 occorrerà un reddito da lavoro di 10.928 € annui per avere 52 settimane accreditate come contribuzione obbligatoria, valide ai fini dell’attribuzione dell’anno contributivo. Quindi, attenzione alla retribuzione dei lavori part-time per non perdere l’anno.

La domanda, lecita, è chiaramente se l’adeguamento della pensione, di fatto, colmerà l’aumento dei prezzi in corso. Ovvero, se si potranno acquistare gli stessi beni e servizi dell’anno, o del mese precedente con la rivalutazione ottenuta.

Come è evidente, no.

L’attenzione che poniamo al tenore di vita del presente non può, quindi, essere tralasciata nella pianificazione del tenore di vita futuro. Oggi, abbiamo un’unica strada: imparare a spendere bene il nostro tempo, soprattutto quello economico, perché il tempo è un vero alleato per l’accumulo e la rivalutazione del risparmio, se si opera un’attenta pianificazione previdenziale del domani.

Insieme a un nuovo orientamento al rischio. Stiamo lasciando l’epoca in cui abbiamo imparato che non esistono investimenti privi di rischio. Oggi è l’occasione per comprendere che in un’epoca in cui non possiamo eliminare i rischi, dobbiamo imparare a gestirli in anticipo.

Maria Luisa Visione