Tiriamo le somme sul 2020 per quanto riguarda i flussi pensionistici erogati dall’Inps.
La staffetta tra pensione di vecchiaia e pensione anticipata vede, grazie al sorpasso di chi si è ritirato dal lavoro avendo maturato i requisiti anagrafici minimi di accesso, un allineamento tra le due tipologie, avvicinandole alla parità. Il 2020 per le pensioni è stato un anno senza variazioni dei requisiti di ingresso: l’età minima per accedere alla pensione di vecchiaia si è fermata a 67 anni per tutti, mentre per la pensione anticipata occorrevano 41 anni e 10 mesi di contributi per le donne e 42 anni e 10 mesi per gli uomini (indipendentemente dall’età anagrafica).
Nonostante l’esistenza di diverse possibilità di uscita anticipata introdotte in via sperimentale – quali Quota 100 e Opzione donna -, piuttosto che vie di uscita migliorative per i lavoratori precoci e i lavori usuranti, il numero delle pensioni anticipate si è ridotto di quasi ventimila unità. A prima vista, evidentemente, sulla scelta previdenziale non influisce solo il fattore tempo, ma anche l’importo dell’assegno; anticipare è un privilegio, ma lo è anche mantenere un tenore di vita, se non simile, almeno adeguato ai consumi.
Per la pensione di vecchiaia è un po’ diverso; insomma se sei a 67 anni prendi quanto hai maturato e ciò che è fatto è fatto. In effetti, nel 2020 aumenta proprio il numero delle pensioni di vecchiaia di ben 98.818 unità (da 156.995 a 255.813): che salto! La Fornero ha colpito nel segno con gli adeguamenti alla speranza di vita operati negli anni precedenti. Così, in diversi si sono ritrovati insieme all’appuntamento.
In numero assoluto parliamo in totale di più pensioni e minore importo medio: 1.240 euro contro i 1.299 del 2019. Il vero elemento di novità è che finalmente la percentuale delle pensioni femminili rispetto a quelle maschili, si incrementa di 18 punti, in particolare per le categorie dipendenti e commercianti.
Altro dato su cui riflettere è la differenza di importo medio erogato nel 2020 tra vecchiaia e anticipata, ovvero 893 euro contro 2.001. La considerazione da fare è che la generale diminuzione dell’assegno non si fermerà perché l’aumento della longevità avrà con sé la diminuzione dei coefficienti di trasformazione, dato che in un sistema contributivo si potrà spalmare quanto si è effettivamente accumulato, ma lo si farà per un periodo di tempo più lungo. In questi giorni abbiamo letto dell’allarme sulle casse dell’Inps lanciato dal presidente del CIV (Consiglio di Indirizzo e Vigilanza) di un rosso di 20 miliardi di euro causato in gran parte dalla Cassa integrazione e dagli altri ammortizzatori introdotti con il lockdown. In pratica l’Inps ha anticipato ben 15,7 miliardi di euro attingendo ai sui fondi: quando saranno restituiti?
Forse è tempo di pensare alla previdenza complementare, almeno per chi ha le risorse da destinare e non indugiare oltre. La crisi economica, impattando sul lavoro e sul reddito, non consentirà sempre di accantonare contributi per il futuro e non consentirà a quelli versati di rivalutarsi, stanti i dati del PIL nominale che, dopo il risultato negativo del 2020, impatterà per un po’ sulla media quinquennale, cioè sul parametro di rivalutazione stabilito. I contributi non si svaluteranno, ma cresceranno per un importo pari a zero.
Pianifichiamo in anticipo, soprattutto in tempo di crisi. Il futuro è nel presente.
Maria Luisa Visione