Pierluigi Piccini interviene sulle recenti vicende di Banca Mps, e quindi sulla trattativa tra UniCredit e ministero per il futuro di Rocca Salimbeni, e commenta le dichiarazioni al riguardo del sindaco Luigi De Mossi: “Leggendo la lettera che l’avvocato De Mossi ha inviato al Presidente del Consiglio e al Ministro del Tesoro una cosa è chiara: siamo sempre in campagna elettorale, nulla è cambiato dal 2018 – scrive Piccini. – Da quei temi che hanno colpito l’elettorato facendo vincere il centrodestra per una manciata di voti non ci si vuole staccare. Tecnica alla Salvini, che usa gli stessi argomenti elettorali per il silenzioso candidato Marrocchesi. Tanto la campagna elettorale la fa il segretario della Lega, come ha già fatto nel recente passato proprio a Siena. Evidentemente più che il futuro della Banca e della città interessa chi vincerà le prossime suppletive. E a nulla sono serviti i chiarimenti forniti da Fabrizi sulla 121, ormai la vulgata è quella e non si può cambiare. Il senso comune è una brutta bestia (Gramsci). Così come il fatto che l’operazione Antonveneta sia stata una operazione di sistema a cui hanno partecipato a livello locale e nazionale tutti i partiti e non solo essi. Pochissimi all’epoca fecero notare che l’acquisizione della Banca di Padova si sarebbe rivelata disastrosa. Nella lettera predisposta dal sindaco, sotto accusa ci sarebbe anche Draghi, che durante l’acquisizione dell’Antonveneta si sarebbe comportato non nell’interesse generale, come avrebbe dovuto fare un direttore generale del Tesoro, ma a vantaggio di una sola parte politica. Come base per un confronto non c’è male!”.
Prosegue Piccini nella sua critica al primo cittadino: “Ci saremmo aspettati qualcosa di più da un sindaco: la capacità di dialogare a trecentosessanta gradi, di unire le diversità, di chiedere interventi strategici per il territorio, avere una visione del futuro, incalzare sulla necessità di trovare una soluzione per il Monte che non sia solo per Siena e la Toscana, ma che avesse un respiro nazionale, senza bruciare risorse a danno dei contribuenti, e che potesse essere utile per quei soggetti economici spesso dimenticati dalla finanza tradizionale. Soggetti che costituiscono la spina dorsale dell’economia, e che rappresentano la peculiarità della Regione e dell’Italia centrale. Nulla di tutto ciò, la colpa per De Mossi è della politica e di una sola parte, ma nella lettera alla politica si chiede aiuto, ovviamente, a tutta. Così facendo l’avvocato costruisce un corto circuito che rischia di non essere fruttuoso per la collettività che amministra. A margine, per chi ha la pazienza di leggerlo, vorrei segnalare l’articolo sulla Repubblica dal titolo: ‘Nuova indagine a Milano su Mps’. Nel mirino, i fondi per i rischi legali. Il processo di Milano andrebbe seguito con attenzione perché dalla sua risoluzione potrebbero ballare cifre importanti. Ma non tutti lo possono fare, i conflitti di interesse non sono solo quelli bancari. Inoltre, il processo di Milano è la continuazione delle indagini che si aprirono nel 2012 che rafforzano l’ipotesi che Antonveneta fu una operazione di sistema. Anche su questa vicenda potrebbe essere chiamato in causa il solito Pantalone (i contribuenti) perché se dovesse essere applicato il metodo Padoan come è stato già fatto per altre fusioni, e come sembra che si voglia fare per UniCredit, Mps i vuoti di bilancio sarebbero riempiti dallo Stato. Con grande gioia dell’Unione europea”.