L’Istat conferma nel secondo trimestre 2011 la frenata del Pil italiano, così come era emerso dalla prima lettura. La vera sorpresa sono i consumi delle famiglie che accelerano lievemente (+0,2% rispetto al trimestre precedente) e che rappresentano il principale contributo della domanda interna alla crescita, mentre gli investimenti, come nelle attese, continuano a decelerare (+0,2% trim/trim, dal +0,5% del I trimestre) così come la spesa pubblica (invariata rispetto allo scorso trimestre), entrambe con contributo nullo all’espansione. In rallentamento anche le esportazioni (+0,9% trim/trim dal +1,1% del I trimestre), mentre si contraggono le importazioni(-0,5% congiunturale).
La dinamica dei principali indicatori anticipatori segnala un ulteriore rallentamento nei prossimi 3/6 mesi. Sebbene alcune case di investimento prevedano una recessione per il Bel Paese, secondo le stime dell’Area Research di Banca Monte dei Paschi di Siena la crescita italiana si manterrà positiva, avanzando dello 0,6% su base tendenziale nell’ultima metà del 2011 rispetto allo 0,9% del primo semestre. Il rallentamento proseguirà nel 2012 (+0,4%): investimenti e consumi delle famiglie rischiano di essere le due componenti che incideranno maggiormente sulla decelerazione, complice anche l’aggiustamento fiscale annunciato. In frenata anche le esportazioni (+2,5% nel 2012 dal +4,5% stimato nel 2011) a causa del rallentamento della domanda internazionale. Si tratta comunque di una decelerazione dovuta, dopo la forte crescita dell’export mondiale registrato nel 2010 (pari a circa il 22% dopo il -22% del 2009), e che dovrebbe arrestarsi nella seconda metà del 2012.
Nell’ultimo mese le principali case di investimento hanno sensibilmente rivisto al ribasso le stime di crescita di Europa e Usa. Rispetto alle attese di primavera, la revisione maggiore riguarda Eurolandia, dove la crescita nel 2012 viene nella maggior parte dei casi dimezzata. In deciso rallentamento anche gli Usa che però dovrebbero continuare a crescere a tassi superiori al 2%. La crescita rimane anche nei prossimi mesi il main driver delle azioni di politica monetaria delle principali banche centrali, non solo per sostenere l’economia ma anche per evitare crisi di liquidità e perdita di credibilità del paese nel far fronte ai propri impegni nel breve periodo. In un contesto di fiscal dominance che riguarda ormai tutte le principali aree mondiali (area Euro, Usa e UK), la sostenibilità del debito diviene il problema primario per riportare la fiducia degli investitori. La Bce, che ha già abbandonato la clausola di “no bailout”, potrebbe decidere di aumentare temporaneamente gli acquisti di bond per contenere il cost of funding dei paesi periferici, schizzato ormai a livelli record, in modo da garantire tassi sostenibili in attesa di un consolidamento dei loro conti pubblici e dell’entrata in vigore del nuovo Esfs o di un eventuale mercato degli eurobond. In Usa, ad esempio, malgrado il rapporto debito/entrate fiscali sia prossimo a quello greco (325% negli States rispetto al 360% ellenico e al 170% francese), il Quantitative Easing della Fed ha mantenuto il cost of funding a livelli storicamente bassi ed il trend è destinato a proseguire soprattutto sul tratto a medio/lungo in seguito all’operazione twist. Malgrado la perdita della tripla A il debito Usa è ancora percepito come il free risk per eccellenza. La credibilità dell’Italia, quindi, come quella di molti altri Stati dell’Unione Monetaria, si gioca sull’attuazione delle manovre fiscali correttive come sottolineato da Trichet e sul coordinamento a livello europeo del prestatore di ultima istanza.