Comprendere perché è importante occuparsi di previdenza richiede un approccio nuovo in un contesto caratterizzato da cambiamenti veloci e da incertezza. Per affrontare il tema, analizziamo i rischi che incidono sull’importo finale della prestazione pensionistica e sulla data del pensionamento.
Rischio contributivo. La pensione si calcola sui contributi effettivamente versati. Inoccupazione, lavori saltuari o interrotti, ingresso in ritardo nel mondo del lavoro, dinamiche di carriera lente o rapide, buchi contributivi sono fattori che incidono sul quando e sul quanto pensionistico. Per conoscere la situazione individuale è necessario controllare che la propria storia lavorativa-contributiva sia registrata correttamente. Dal 1° maggio 2015 è consentito verificarlo grazie al servizio di simulazione e calcolo La mia pensione, a cui si accede registrandosi sul sito www.inps.it. Se l’estratto conto contributivo non corrisponde alla posizione lavorativa, c’è tempo sino a 10 anni per sanare l’errore. Includere nei contributi il periodo di leva non è automatico, ma occorre fare richiesta all’Inps (gratuitamente). Infine, far valere gli anni di laurea ha un costo variabile commisurato al 33% dello stipendio lordo; si possono dedurre fiscalmente per intero le somme versate per il riscatto e rateizzarle in 10 anni.
Rischio finanziario. I contributi versati dipendono direttamente dall’andamento economico e sono rivalutati sulla base della media quinquennale del PIL. In Italia per la prima volta, a partire dal 2010, tale media è risultata negativa (-0,80%).
Rischio demografico. A seguito dell’allungamento della speranza di vita lo Stato ha innalzato l’età pensionabile e ha tagliato i coefficienti di trasformazione (si versa di più e si decumula per più tempo). Dal 1° gennaio 2016 l’età per la pensione di vecchiaia è stata portata a 66 anni e 7 mesi per gli uomini lavoratori dipendenti e le donne impiegate statali; a 66 anni e 1 mese per le donne lavoratrici autonome e a 65 anni e 7 mesi per le donne dipendenti del settore privato. I nuovi coefficienti di trasformazione, invece, sono scesi, a seconda dell’età, da un minimo dell’1,35% a un massimo del 2,50% rispetto al 2015 .
Rischio sistemico. Nuove riforme in campo pensionistico sono sempre possibili. Basti pensare agli interventi della recente legge di stabilità su esodati, opzione donna, no tax area e part-time.
Rischio informativo. Le differenti ipotesi sottostanti ai rischi contributivo, finanziario e demografico prospettate da un consulente possono condurre a stime diverse, tanto che, per esempio, due persone, pur avendo storie lavorative similari, potrebbero ricevere informazioni discordanti. La famosa busta arancione dell’Inps per informare i cittadini sui dati presumibili relativi alla loro pensione futura, sebbene inserita in due emendamenti parlamentari, per ora fatica ad essere recepita. E se il problema è risolto per i navigatori del web, non lo è per chi non utilizza internet e non conosce La mia pensione.
Rischio indicizzazione. L’Inps rivaluta le pensioni in automatico una volta l’anno sulla base dell’inflazione programmata, definita a novembre dell’anno precedente. Un contesto di deflazione non consente tale rivalutazione.
Rischio ritiro. E’ del 6 aprile 2015 la notizia che in Gran Bretagna si possono ritirare tutti i contributi versati a 55 anni e usarli come si vuole; in tal caso la pensione diventa responsabilità del singolo cittadino.
E’ evidente che per la previdenza l’unica certezza è la variabilità. Analizzare con cura i bisogni pensionistici permette di conoscere quanto abbiamo già costruito e quanta strada ci separa da ciò che, veramente, desideriamo.
Maria Luisa Visione
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