Quando conviene il riscatto di laurea? È una domanda alla quale in molti cercano di dare risposta, spesso in vista delle opzioni da valutare in odore di pensione, ma anche in termini economici per confrontarsi insieme ai familiari, una volta laureati e in direzione della realizzazione professionale.
Il punto di partenza è determinato dalla scelta tra riscatto ordinario e riscatto agevolato. Vediamo le differenze.
In entrambi i casi, la finalità principale è quella di anticipare l’accesso alla pensione, utilizzando gli anni di studio “in corso”. Oltre alle lauree triennali e magistrali, si possono riscattare anche i dottorati di ricerca, i diplomi universitari, di laurea e di specializzazione, i diplomi rilasciati dagli Istituti di Alta Formazione Artistica e Musicale e i titoli di studio conseguiti all’estero (se vengono riconosciuti dal sistema universitario italiano).
Il riscatto di laurea può essere parziale o totale, e la sua convenienza dipende proprio dai calcoli individuali e dalla storia contributiva personale.
Il sostegno dei familiari, in alcuni casi, potrebbe essere davvero utile, in quanto la legge prevede la possibilità per gli inoccupati, non iscritti ad una gestione previdenziale, di trasformare gli anni universitari in anni contributivi per integrare la propria posizione che sarà esclusivamente contributiva.
Qual è l’onere massimo sostenibile?
Nel calcolo del riscatto ordinario si applica l’aliquota contributiva IVS vigente nella gestione Inps di riferimento sull’imponibile previdenziale delle ultime 52 settimane anteriori alla domanda di riscatto. L’onere massimo dipenderà dagli anni effettivi che conviene conteggiare. Se esiste contribuzione figurativa, ad esempio Naspi, per determinare l’imponibile su cui calcolare l’onere, devono essere considerati i periodi di lavoro meno remoti per i quali sia stata versata dal datore di lavoro la contribuzione obbligatoria.
Invece, nel caso del riscatto agevolato, sono previsti oneri contenuti per la conversione degli anni di studio ai fini pensionistici, ma solo per i periodi che si collocano nel sistema contributivo della futura pensione. L’onere di favore è determinato dall’applicazione del minimo imponibile annuo previsto per le gestioni dei lavoratori artigiani e commercianti, anziché dell’ultimo reddito annuale lordo; per il 2024 l’Inps lo ha stabilito pari a 18.415 euro, portando al superamento di 6.000 euro di costo ogni anno da riscattare per i dipendenti. Numeri lievitati rispetto ai 5.246 euro del 2020 e del 2021.
Salta subito all’occhio l’aumento rispetto al 2022, causato dall’effetto inflazione, ragione che spinge ad analizzare quanto prima l’opzione del riscatto agevolato per chi ne ha diritto, ovvero per coloro che hanno iniziato a versare i contributi Inps, sia dopo che prima del 1996, che hanno meno di 18 anni di contributi versati al 31 dicembre 1995. Ulteriore condizione di accesso: al momento della richiesta di riscatto bisogna avere un minimo di 15 anni di versamenti contributivi, di cui almeno 5 versati dopo il 31 dicembre 1995. Quindi, se in parte si è versato nel sistema retributivo, occorrerà chiedere il passaggio al metodo contributivo con il relativo sistema di liquidazione.
Prima del costo da sostenere, però, bisogna valutare se, effettivamente, si anticipa l’accesso alla pensione, perché non è sempre detto che accada.
Intanto, dobbiamo precisare che per chi ha iniziato a lavorare prima del 1996, la scelta di default obbligatoria da fare è l’applicazione del regime contributivo, elemento che determina un diverso calcolo dell’assegno pensionistico a tendere, a prescindere. Quindi, all’anticipo dato dagli anni non è detto che corrisponda l’importo della pensione desiderata. Per questo motivo, le due opzioni, ordinario e agevolato, vanno confrontate attentamente.
In generale, invece, possiamo affermare che il riscatto agevolato conviene per chi ha iniziato a studiare e a contribuire dal 1996, in particolare in presenza di redditi elevati.
Per chi ha iniziato gli studi entro il 1995, invece, pur lavorando dal 1996, potrebbe addirittura accadere che non si diminuiscano gli anni di accesso, ma aumentino.
Altro aspetto, non meno importante, riguarda la valutazione del potenziale risparmio fiscale.
Il costo sostenuto per il riscatto è, infatti, deducibile IRPEF in base all’art. 10, co. 1, lett. e), del TUIR secondo il principio di cassa; di conseguenza, l’onere riduce l’imponibile fiscale dell’assicurato per ogni parte di riscatto versata in ogni periodo d’imposta.
Ancora una volta il risparmio fiscale massimo dipenderà dal valore del reddito imponibile e dall’aliquota marginale applicata, che in presenza di redditi elevati, potrebbe far optare per il pagamento dell’onere in un’unica soluzione, anziché diluirlo in 120 rate come previsto dalla legge. Vale, quindi, la capienza fiscale effettiva.
Per i disoccupati il contributo è detraibile nella misura del 19% dell’importo stesso, dall’imposta dovuta dai soggetti nei confronti dei quali l’interessato risulti fiscalmente a carico. Diventa, quindi, un’opportunità per i genitori, in attesa che i figli trovino lavoro.
Cosa possiamo concludere?
Pur avendo l’opzione di poter accedere al simulatore Inps, o alle Casse professionali, la convenienza del riscatto di laurea in termini di età e assegno pensionistico desiderati non può essere condotta in modalità “fai da te”.
Rivolgersi a un consulente è fondamentale, consapevoli che le regole cambiano.
Quindi, chi ha diritto, non si attardi ad avvicinarsi alla pensione per fare i calcoli.
Sapere è decidere.
Maria Luisa Visione