Ricorso contro etichetta sulla pasta, mossa della Aidepi al Tar del Lazio. Coldiretti Siena: “Un pericolo anche per la salute”.
l’Italia era stato il primo Paese a fare una scelta forte di trasparenza, grazie al decreto per l’introduzione dell’obbligo di indicazione in etichetta della materia prima per la pasta. Ma il ricorso dell’Aidepi – Associazione delle Industrie del Dolce e della Pasta italiane – al Tar del Lazio rischia di vanificare tutto.
“L’etichetta che certifica la provenienza delle materie prime di un genere di largo consumo in Italia come la pasta è, oltre che un gesto di civiltà e di democrazia economica, anche un’azione sensata volta a garantire sia i produttori che i consumatori – ha affermato il direttore di Coldiretti Siena Simone Solfanelli – bloccare questo decreto sarebbe un grande passo indietro, e metterebbe a rischio sia la produzione Made in Italy che la salute degli italiani.”
Una decisione, tra l’altro, che va contro gli interessi dell’81% dei consumatori che chiedono venga indicata in etichetta l’origine del grano utilizzato nella pasta secondo la consultazione pubblica online sull’etichettatura dei prodotti agroalimentari condotta dal Ministero delle Politiche Agricole”.
“Siamo certi – ha aggiunto Coldiretti – che la magistratura potrà ben valutare il primato degli interessi dell’informazione dei cittadini su quelli economici e commerciali”.
“Ancora una volta – sottolinea la Coldiretti – la rappresentanza industriale dei pastai preferisce agire nell’ambiguità contro gli interessi dell’Italia e degli italiani che chiedono trasparenza. Si vuole impedire ai consumatori di conoscere la verità privandoli di informazioni importanti come quella di sapere se nella pasta che si sta acquistando è presente o meno grano canadese trattato in preraccolta con il glifosate, accusato di essere cancerogeno e per questo proibito sul grano italiano. Si vuole fermare un provvedimento contro le speculazioni che hanno provocato il crollo dei prezzi del grano italiano al di sotto dei costi di produzione con una drastica riduzione delle semine e il rischio di abbandono per un territorio di 2 milioni di ettari coltivati situati spesso in aree marginali. Per il territorio senese, un colpo mortale”.