L’Eurostat lancia l’allarme sulla crescita del rischio povertà in Italia. Notizia che conferma i dati annuali dell’Istat, ormai in aumento da diversi anni. Tale tendenza non potrà invertirsi, alla luce dell’attuale aumento generalizzato dei prezzi in corso.
Quali riflessioni fare?
Quando si analizzano i dati sembra sempre che ciò che raccontano sia logico, quasi scontato.
Nel Report, il legame diretto tra l’intensità del lavoro, cioè quanto hanno lavorato in una famiglia tutti i membri rispetto al loro pieno potenziale e la probabilità di diventare poveri, è palese. In sostanza, la povertà aumenta proprio in quelle famiglie in cui il lavoro diminuisce, o meglio, la povertà si combatte grazie all’occupazione, che è la vera medicina in grado di impedire alle persone di cadere in questo tipo di condizione sociale. Evidenza che accomuna tutti i Paesi dell’UE, indistintamente, nelle rilevazioni Eurostat.
In particolare, in Italia, il divario tra coloro che vivono in una famiglia con intensità di lavoro molto bassa e quelli con intensità di lavoro molto alta, è enorme: 64% contro 5,3%.
L’esito di ciò è un numero che dovrebbe spaventarci: oltre 14,83 milioni di persone, ovvero il 25,2% della popolazione italiana in difficoltà reale. Famiglie che hanno un reddito inferiore al 60% del reddito medio, ma non solo. All’interno di questo 25,2% ci sono anche i poveri che rientrano nell’esclusione sociale, chi non ha abbastanza soldi per riscaldarsi durante l’inverno, o che non fa pasti proteici sufficienti per avere un’alimentazione sana e godere di una buona salute. Ci sono 667.000 bambini al di sotto dei 6 anni. Oggi il dato per i bambini è il peggiore dal 1995.
Allora io mi chiedo come sia possibile che permettiamo tutto ciò. Ma non trovo risposta.
Da sei anni dedico sempre spazio su questa rubrica ai dati sulla povertà, per continuare a denunciare, a far riflettere su quale modello economico sociale ci stiamo dirigendo. In sei anni tali dati sono sempre peggiorati, di anno in anno, ma non fa mai abbastanza notizia, o almeno tanto da pretendere soluzioni politiche concrete a una situazione che ci fa arretrare in termini di civiltà.
Si fanno sempre meno bambini, e questo dato ci racconta che sulla percentuale in diminuzione dei bambini che si ha il coraggio di fare, un numero sempre più alto è in difficoltà, a rischio esclusione sociale e povertà educativa.
Quando l’Eurostat ci dice che la povertà aumenta perché dipende dai dati legati all’occupazione, l’unica preoccupazione è affermare che è logico, che non si è scoperta l’acqua calda, che non può non essere così. E poi, c’è stata l’emergenza sanitaria, c’è incertezza economica, l’inflazione in aumento, una situazione sistemica complicata….
Spero, invece, che si cominci ad affermare che non è accettabile. Insieme alla povertà sono aumentate le disuguaglianze economiche, in maniera grave. E questo è il segnale di un arretramento insostenibile. Ma anche di politiche economiche, sociali e fiscali insufficienti.
E dal 1995 ad oggi di passerelle politiche e di propaganda ne abbiamo viste davvero diverse.
Maria Luisa Visione