Serviranno degli anni ancora per trasformare le intenzioni in realtà, ma il dado sembra tratto.
I grandi della Terra si stupiscono e complimentano per aver raggiunto un accordo di “equità fiscale” alla riunione dei Ministri finanziari del G7 per il quale i Big, soprattutto tecnologici, finalmente vengono toccati nella possibilità di eludere le tasse, a livello internazionale, quando operano negli altri Paesi, quindi anche nel nostro, con tassazioni sui profitti praticamente inesistenti.
Noi esseri umani “normali”, insomma persone, ci stupiamo, invece, che ci sia voluto così tanto tempo per intervenire in una matassa che ha visto arricchirsi in pochi, grazie a benefici fiscali “innominabili” a cui la maggior parte di noi non ha mai avuto accesso, neanche nell’immaginazione.
Due gli interventi che rimescolano le carte: il primo, la “tassa minima globale”, o “minimun tax” fissata al 15% per le grandi imprese, da applicare Paese per Paese in modo da allontanare gli eccessi di concorrenza sleale, e, il secondo, il giro di vite sull’elusione fiscale riguardante proprio i Big, le multinazionali, finora avvantaggiate dal sistema. Infatti, l’accordo raggiunto dai Ministri del G7 propone che gli utili oltre la soglia del 10% del profitto vengano tassati al 20%, riallocandone i proventi nei Paesi in cui vengono effettuate le vendite di prodotti, indipendentemente dalla domiciliazione nominale in un qualsiasi paradiso fiscale.
Nonostante l’esultanza, però, per cantare vittoria c’è da aspettare l’adesione dei Paesi controinteressati in merito alle cifre vere e all’eventuale redistribuzione del deficit fiscale maturato, portando la proposta, in primo luogo al G20.
L’aspettativa è di avere a regime miliardi di euro in più nelle casse degli Stati. Tale equità fiscale riguarderà molte aziende, non solo del settore della digitalizzazione, anche se i nomi altisonanti di Microsoft, Google, Facebook e Amazon, risuonano nel dover versare finalmente di più, avendo addirittura in alcuni casi non versato nulla, come nella faccenda delle “tasse zero” pagate dalla filiale irlandese del gruppo di Bill Gates, sfruttando il vantaggio della residenza legale stabilita nelle Bermuda. Residenza dove sembra non ci siano impiegati dipendenti (fonte Ansa).
Così, l’intenzione è quella di prelevare un po’ di soldi a coloro che si sono arricchiti di più durante la pandemia, grazie all’esplosione del web, aspetto che sinceramente ho sempre trovato inaccettabile nella misura in cui vengono, al contrario, tassate senza remore e senza sconti tante altre aziende, mentre i più forti godono di privilegi normativi che ad oggi dovrebbero essere rimovibili e sui quali sono proprio le multinazionali ad aver mosso i fili dietro le quinte.
L’altro aspetto è far arrivare un po’ di denaro agli Stati, essendo palese e incontestabile che, nella situazione odierna, solo attraverso la spesa pubblica a deficit si potrà sostenere la ripresa post Covid19.
Ognuno di noi troverà il suo spartiacque tra dove finiscono i numeri quantitativi e dove iniziano i valori morali, tra cosa non è giusto ed equo, e cosa pur palesemente sbilanciato a favore di pochi, ha dominato la scena negli ultimi 20 anni.
Personalmente, aspetto di vedere i numeri reali, e poi ne riparliamo.
Maria Luisa Visione