Dopo nove mesi consecutivi di accelerazione, ad aprile l’inflazione mostra un rallentamento, ma i livelli su cui si è posizionata di oltre il 6% su base annua, rimangono record e rintracciabili in passato a più di tre decenni fa.
Insomma, fare i conti, in tutti i sensi, con l’economia personale è diventato sempre più difficile per molte famiglie e gli interventi governativi, con i vari caro bollette, aiuti e bonus, non sono sufficienti, soprattutto per i nuclei più vulnerabili (ma un po’ per tutti), perché la sensazione è di impoverirsi con il passare del tempo. O almeno di avere bisogno di più denaro per mantenere un livello di benessere economico costante e duraturo.
Percezione per nulla teorica, se confrontiamo l’aumento del carrello della spesa con la mancata crescita delle retribuzioni. I salari sono fermi: l’Istat dichiara che l’attuale andamento retributivo, considerata la spinta inflazionistica, porterebbe a stimare una perdita del potere di acquisto nel 2022, pari a quasi 5 punti percentuali. Aumenta il costo della vita ma non le entrate reddituali, che non si adeguano.
Facciamo un esempio: su una spesa media mensile di 1.800 € e un reddito medio netto familiare di 25.000 €, una spinta inflazionistica del 6% costa 1.296 € in più all’anno, e fa diminuire la capacità di risparmio dello stesso importo. Dato che i redditi non si adeguano, di fatto, il potere di acquisto, a parità di reddito, diminuisce (1.296/25.000 = 5,184%).
Chiaramente la spinta inflazionistica peserà di più su quelle categorie di spesa che sono fondamentali. Da questo punto di vista, per riuscire ad utilizzare al meglio il nostro denaro, diventa fondamentale ripartire i consumi, individuando quelli che sono da ritenere incomprimibili e che non possiamo tagliare.
Separare i consumi in essenziali e non ci aiuta a individuare eventuali sacche di spese superflue su cui riflettere e agire, se lo riteniamo funzionale a una migliore ripartizione delle nostre esigenze. Attenzione, ci aiuta anche a dirigere il consumo dove ci interessa di più. Se un viaggio o l’estetica sono da considerare essenziali, ciò è sempre un aspetto puramente soggettivo, ma se non vogliamo rinunciarci, possiamo abituarci a spendere meglio su altre voci, ricavandone un vantaggio tangibile, dato dal risparmio ottenuto.
Al tempo di Modigliani quanto spendere in giovinezza e in età adulta si basava sulle aspettative di reddito e sui consumi futuri: il maggior risparmio di un periodo derivante da maggiori entrate reddituali, veniva accantonato per la pensione, momento in cui, invece, l’aspettativa del reddito diventava al ribasso.
Lo scenario attuale è di una perdita del nostro potere di acquisto del 5%. Come cambia il nostro conto economico in funzione di ciò, magari nei prossimi due o tre anni?
Di fronte all’incertezza e alla dinamicità c’è un unico modo per fronteggiare gli eventi: quello di ragionare in maniera flessibile.
Tutto cambia e non è mai uguale. Ma la consapevolezza di una gestione delle finanze personali ottimale per ognuno di noi continua a non avere scadenza.
Maria Luisa Visione