Fare un calcolo per la simulazione della pensione è molto importante perché consente di pianificare il futuro. Se la cifra che risulta dalla previsione è conforme alle nostre esigenze, si può pensare anche alla pensione anticipata; in generale, è comunque utile sapere con un certo margine di tempo quale sarà l’ importo della futura pensione. Per effettuare questo calcolo ci si può affidare al commercialista, al Caf locale, al sito dell Inps (in verità non molto attendibile) oppure si può anche optare per il fai da te e provare a farlo da soli.
In rete è possibile consultare delle guide molto dettagliate su come stimare l’ importo, oppure si può provare la simulazione calcolo pensione di inpensione.com che, attraverso l’ analisi della storia contributiva e anagrafica dell’ utente, riesce a stimare l’importo che verrà erogato dallo Stato. Qualunque sia il metodo usato per simulare la pensione, è consigliabile fare questa operazione in quanto consente di sapere in quale anno si potrà smettere di lavorare, con quale tipologia di pensione e con quanti soldi.
Calcolare quando e come si andrà in pensione non è un qualcosa che riguarda solo chi è prossimo ad abbandonare il mondo del lavoro. Al contrario, la simulazione serve anche a calcolare il gap previdenziale, ovvero la differenza che intercorre tra quello che sarà l’ importo della prima pensione e l’ ultimo stipendio da lavoratore. Ciò è fondamentale per capire se si avrà bisogno di una pensione integrativa e se è conveniente o meno il riscatto della laurea.
Cosa incide sulla pensione
Una delle prime variabili che va ad incidere sulla pensione è di tipo anagrafico. Il sesso di appartenenza, infatti, ha il potere di ritardare la pensione degli uomini rispetto a quella delle donne; la motivazione è legata all’ aspettativa di vita, anche se attualmente la tendenza dei governi è quella di parificare sempre di più maschi e femmine. La lavoratrice di sesso femminile, inoltre, può beneficiare di alcune agevolazioni pensionistiche, fra cui quella chiamata “opzione donna”.
Anche la categoria alla quale appartiene il lavoratore ha un grande peso sul calcolo della pensione. A seconda della propria categoria di appartenenza (dipendente privato, dipendente statale, artigiano, dipendente di un ente locale, parasubordinato) cambia l’ entità dei contributi, con una vistosa incidenza sull’ importo della pensione futura.
Sistema pensionistico retributivo, contributivo o misto
Un altro aspetto che fa veramente la differenza è l’ età. Fino a una certa soglia, infatti, si rientra ancora nel sistema pensionistico di tipo retributivo, oltre questo spartiacque, si deve far riferimento alla tipologia contributiva. La riforma Dini del ’95, poi integrata da quella Fornero nel 2012, ha infatti decretato che l’ ammontare della pensione deve fare riferimento all’ ammontare dei contributi versati nel corso della vita, a differenza del metodo precedente, il quale era basato sulla media retributiva degli ultimi anni lavorativi.
Per determinare a quale tipologia pensionistica si appartiene, bisogna considerare la presenza, o meno, di contributi versati prima dell’ entrata in vigore della legge; chi ha almeno 18 anni di contributi versati prima del 31 dicembre 1995, può continuare a fare riferimento al vecchio sistema. Quest’ ultimo, era particolarmente favorevole al lavoratore, in quanto si presume che lo stipendio di fine carriera sia più alto di quello dell’ inizio. E’ anche possibile che una persona abbia maturato dei contributi sia prima che dopo il 1995: in questo caso si parla di sistema pensionistico misto. La pensione si calcola applicando il metodo retributivo sugli anni precedenti al 1995 e il contributivo dopo questa data.