2011 anno record per Volume. Il 2011 è stato l’anno dei record per il settore, con gli scambi internazionali che hanno superato i 100 Mln di ettolitri. L’Italia si è mantenuta leader con una quota pari a quasi il 24% del commercio mondiale nel 2011, ma il primo semestre del 2012 segna un incremento delle pressioni competitive per l’Italia, tanto che in termini di volumi di vino esportati potrebbe addirittura materializzarsi il sorpasso della Spagna ai danni dell’Italia.
Aumenta lo sfuso. In tema di commercio internazionale gli ultimi anni, quelli della crisi economica, si caratterizzano per l’aumento degli scambi di vino sfuso. Rappresentano quasi il 40% del totale contro il 33% del 2006. In valore invece la quota, pur in discreta progressione, non supera il 12%. Sembrano diversi i motivi dell’accresciuta domanda di sfuso, ma su tutti spicca la necessità di contenere i costi (trasporto, logistica ecc.).
Produzione scarsa nel 2012. La campagna produttiva mondiale del 2012 si prospetta come una delle più scarse degli ultimi decenni. Secondo stime OIV la produzione mondiale di vino nell’anno in corso potrebbe scendere sotto i 250 Mln di hl. Anche per l’Italia ISMEA e UIV stimano un minimo storico con una produzione che potrebbe attestarsi su volumi inferiori ai 40 milioni di ettolitri.
In Italia consumi in controtendenza. Intanto, mentre i consumi mondiali mostrano una lenta ma tendenziale crescita, il mercato interno sconta una riduzione strutturale dei consumi. Negli anni 70 era oltre 100 litri il consumo pro capite, ora si attesta tra i 35 ed i 37 litri. A livello congiunturale, peraltro, si registrano minori acquisti di vino in volume ma un aumento della relativa spesa. Sarà interessante vedere nei prossimi mesi cosa accadrà ai prezzi al consumo visto l’importante incremento registrato da ISMEA nella fase alla produzione.
Aumentano i prezzi all’origine. Gli aumenti dei prezzi all’origine, che hanno caratterizzato anche la campagna scorsa, si sono fatti particolarmente significativi con l’inizio della vendemmia 2012, da agosto quindi, quando era ormai evidente che le disponibilità sarebbero state limitate. Gli incrementi più significativi, secondo ISMEA si sono avuti nel segmento dei vini comuni, dove negli ultimi tre mesi si è superato il +40%, mentre nel segmento dei vini DOP gli aumenti sono stati sì importanti ma non così accentuati.
Export principale driver.
L’export diviene quindi il principale driver della domanda. Nel 2011 le esportazioni costituiscono oltre il 45% della produzione in valore. Ma se da un lato in termini di quantità il 2012 potrebbe comportare un ritorno dei volumi sui livelli del 2010 (intorno ai 21,5 Mln di hl), la crescita in termini di valore non sembra arrestarsi (4,4 Mld di euro nel 2011).
Esportazioni in volume. Nel 2011 le performance dei principali Paesi esportatori sono risultate tutte positive. In termini percentuali il risultato migliore è della Spagna (+25 su base annua), seguita da Italia (+9%) e Francia (+5%). Grazie, inoltre, alla buona performance dei primi sei mesi del 2012 la Spagna si candida a superare l’Italia ( come primo fornitore mondiale.
Esportazioni in valore. Nel 2011 crescono i tre Paesi leader nel mondo. La Francia cresce del +12,9% ( 7.145 milioni di Euro) e l’Italia del+12,4% (4.403 milioni di Euro). Cresce ancora di più la Spagna con un +14% per un valore di 2.161 milioni di Euro. I dati evidenziano come la Francia concentri le proprie esportazioni nei vini di alta gamma (con un alto valore unitario)), contrariamente alla Spagna leader nello sfuso. L’Italia si colloca in una posizione intermedia.
I principali importatori mondiali: sale la Cina. I dati 2011 confermano , nell’ordine, Germania, Regno Unito e Stati Uniti i principali importatori in volume. Per valore le posizioni sono invertite e leader sono gli Stati Uniti con 3.460 milioni di euro (+8%) seguiti dal Regno Unito con 3.430 milioni di Euro (+5,3%) e Germania (+10,2% per 2.305 milioni di Euro). Al quarto posto il Canada con 2.305 milioni di Euro (+7,1%). Sale al quinto posto la Cina con un +71,8% (1.037 milioni di Euro) che, se incrociato con il minore aumento dell’importazione in volume (sesto importatore al mondo con +27,7), dimostra una maggiore attenzione per i vini di maggior pregio). La Cina supera in valore nel 2011 il Giappone (961 milioni di euro e +8%), il Belgio (923 milioni e + 6,5), la Svizzera (855 milioni e + 7,4) e i Paesi Bassi (821 milioni e -4,2%). Segue la Russia che cresce in Valore (+14,6% con 690 milioni) e cala in volume (-6%). Spiccano fra gli importatori in Volume l’Italia (+46% con 2.446.901 hl) e la Francia (+14% con 6.790.570) a fronte di un valore corrispettivo relativamente basso, ad indicare che si tratta di vino a basso costo probabilmente per i consumi interni familiari.
Dove le maggiori potenzialità. Nel corso degli anni 2000 si assiste ad una ricomposizione dei mercati di sbocco. A partire dal 2000 l’area Extra UE-27 diviene l’area più dinamica per le esportazioni italiane sia in valore che in quantità. L’Unione Europea, sebbene rimanga il primo mercato di sbocco (51,8% la quota di volumi assorbiti dall’Unione secondo i dati disponibili a luglio 2012, vs il 48,2% extra UE), mostra un andamento piuttosto costante nelle quantità esportate, che tuttavia hanno raggiunto il loro picco nel 2011, evidenziando una certa dose di “saturazione” del mercato. Le maggiori potenzialità in termini di valore e volumi si riscontrano fuori dell’Unione ed anche il nostro campione di produttori intervistati si mostra conscio delle possibilità e altresì delle criticità da affrontare per raggiungere mercati nuovi o distanti. In particolare l’Osservatorio di Banca MPS (basato su questionari ed interviste somministrate dai colleghi specialisti dello staff agroalimentare ad un campione di aziende produttrici in proprio di vino, il 90% delle quali esportatrice) evidenzia le difficoltà che i produttori incontrano nel mantenere rapporti corretti e vantaggiosi con gli importatori a cui si rivolgono, i quali divengono la principale controparte per la penetrazione del nuovo mercato, spesso protetto.
L’export mercato di sbocco essenziale. Nonostante non sia così semplice decidere dove, come e con quale partner. Il dove diventa una domanda fondamentale in un momento in cui il 40% delle importazioni mondiali è appannaggio di soli 3 Paesi. Ma sempre più «Nuovi consumatori» si stanno affacciando al mercato del vino. Dopo Cina e Russia, infatti, ci si domanda quali siano questi mercati potenzialmente interessanti. ISMEA ha fatto quindi un’analisi dei dati derivanti da una specifica banca dati sul commercio con l’estero, Gti, proponendo insiemi di Paesi «appetibili» per l’export. Un gruppo importante è quello rappresentato dai Paesi dell’Est europeo, comunitari e non, che negli ultimi cinque anni hanno incrementato notevolmente la propria domanda. A questi si affiancano alcuni Paesi sudamericani, come Brasile, Argentina e Messico, o quelli dell’Estremo Oriente quali India, Corea del Sud e Tailandia. Certo i volumi sono ancora piuttosto limitati e solo in pochi casi superano il milione di ettolitri importati, ma i tassi di crescita sono talvolta travolgenti.
L’Italia nei nuovi mercati dell’Europa dell’Est. Siamo leader in Bulgaria (58% davanti a Spagna e Francia), Slovacchia (36% davanti a Ungheria e Rep. Ceca), Ungheria (88% davanti a Germania e Spagna), secondi in Estonia (14% dietro alla Spagna, davanti alla Francia), Lituania (27% dietro la Francia, prima della Spagna), Romania (15% dietro la Spagna e davanti alla Bulgaria), terzi in Lettonia (20% dietro Francia e Spagna).
L’Italia nei nuovi mercati extracontinentali. Siamo primi in Tailandia (24% davanti ad Australia e Francia), terzi in Brasile (17% dietro Cile e Argentina), Messico (dietro Spagna e Cile), Corea del Sud (dietro Cile e Spagna), India (dietro Francia e Australia), Australia (dietro Nuova Zelanda e Francia), Argentina (1% dietro a Cile con 87%, Spagna e a pari quota con la Francia).
Chi esporta cresce. L’indagine ISMEA, svolta nel giugno 2012 e focalizzata sull’internazionalizzazione delle imprese agroalimentari, evidenzia l’indiscutibile orientamento all’export delle imprese vitivinicole, rispetto a quelle dell’intero comparto agroalimentare: il 70% delle imprese vitivinicole intervistate esporta contro il 35% del totale agroalimentare (dati panel ISMEA). Tra le imprese esportatrici, quelle con fatturato in crescita (2011 versus 2010) risultano essere il 23% per il comparto agroalimentare e il 43% per il solo settore vitivinicolo, mentre quelle con fatturato in flessione il 12% per l’intero panel ed il 27% del settore vitivinicolo. Tra le imprese non esportatrici, invece, quelle in crescita rappresentano il 22% nell’aggregato del totale agroalimentare ed il 14% nel settore del vino; tra quelle con fatturato in flessione, il 43% appartengono al panel complessivo ed il 16% al settore del vino.
L’incidenza dell’export sul fatturato. L’orientamento all’export e il successo oltre confine dei vini italiani rispetto ai prodotti dell’intero comparto agroalimentare, emerge anche osservando i risultati relativi all’incidenza del fatturato estero tra i due aggregati, quello del totale agroalimentare e quello del settore vitivinicolo. Tra le imprese che esportano, infatti, l’incidenza media del fatturato estero su quello totale si attesta al 37% per il settore del vino, mentre risulta pari al 24% per l’intero panel.
Le maggiori difficoltà incontrate dalle aziende che esportano
• Nei mercati consolidati c’è forte competizione, scarseggiano importatori disponibili
• Nei mercati nuovi c’è maggiore rischio di insolvenze e mancano dati aggiornati su cosa si consuma, in quale fascia di reddito, in quale area del Paese ecc.
• Le accise sono molto elevate in alcuni paesi come Regno Unito, Irlanda, Paesi Scandinavi.
Perché le imprese non esportano
Il 30% delle vitivinicole italiane non esporta ecco perché:
• prezzi troppo bassi 3%
• prodotto particolare per i mercati esteri 13%
• no certificazioni richieste 10%
• no risorse finanziarie sufficienti 0%
• no risorse umane qualificate 3%
• soddisfazione per il mercato italiano 26%
• troppo piccoli 35%
• altro 10%
Canali di commercializzazione. Dai risultati dell’indagine è emerso che l’89% delle imprese esportatrici, sia per l’intero panel, sia per le sole imprese vitivinicole, si avvale di un solo canale di commercializzazione all’estero, il resto, invece, utilizza una combinazione di soluzioni. Tra le modalità più utilizzate emerge il ricorso a importatori/esportatori, soluzione scelta dal 76% delle imprese del panel complessivo e dall’80% di quelle vitivinicole.
Mps Wine Index.
L’indice di pressione competitiva elaborato dall’Area Research di Banca MPS, calcolato come prezzo medio ponderato per le quantità esportate, nei primi mesi del 2012, mostra un incremento delle quotazioni del nostro “vino sintetico” in controtendenza con il future Liv-ex Fine Wine 100 Index, il principale benchmark dell’industria mondiale del vino. L’elevata correlazione tra i due indicatori continua ad essere confermata a partire dal secondo bimestre 2012 con il Live-ex Fine Wine che torna a rappresentare un buon anticipatore dell’indice MPS con un lag temporale di circa 3/6 mesi e che ci porta ad ipotizzare una sostanziale oscillazione dei tassi di crescita dei prezzi dei vini italiani attorno agli attuali valori nel prossimo futuro.
Il fatturato 2013 del vino italiano. Compatibilmente con una dinamica dei prezzi che dovrebbe mantenersi sugli attuali livelli, le risposte dell’Osservatorio di Banca MPS evidenziano per il fatturato 2013 attese di risultati migliori rispetto all’anno precedente. La dinamica positiva dovrebbe essere trainata ancora dalle esportazioni, segnalate in crescita per il prossimo anno da quasi l’82% del campione intervistato. La ripartizione delle risposte nei range da noi prescelti risulta tuttavia diversificata e sembra evidenziare una certa prudenza: la maggioranza dei rispondenti, infatti, ipotizza una crescita contenuta entro il +5% per l’export. Si noti come dai questionari emergano altre curiosità; una su tutte: intercettare il “gusto differente di consumo” di consumatori stranieri, non sembra così essenziale per penetrare “altri” mercati.
Anche l’indice del clima di fiducia elaborato da ISMEA torna decisamente sul terreno positivo, mentre lo stesso indicatore calcolato per il totale dell’industria agroalimentare, pur migliorando, resta negativo.
Prezzo adeguato alla qualità. Al di là delle possibili cause che hanno comportato una rottura della correlazione tra l’MPS Wine Index ed il Live Ex Fine wine 100 ad inizio 2012 (essenzialmente fenomeni one-off che hanno inciso sui costi fissi per i vini italiani – es. IVA, incremento prezzo carburanti – e fenomeni di smobilitazione di portafoglio da parte dei principali istituti finanziari mondiali che, alle prese con problemi di liquidità, hanno provveduto a liquidare anche le loro posizioni in derivati, contribuendo a raffreddare le quotazioni dei fine wines al livello globale – qualcuno ha addirittura evocato lo scoppio della “bolla” per i vini Bordeaux -), l’andamento rialzista nelle quotazioni del nostro “vino sintetico”, assieme alla ricomposizione delle varie tipologie di vino sull’export italiano, che almeno nella prima parte del 2012 sembra indirizzarsi verso una maggior ricerca della qualità, segnalano un’importante inversione di tendenza; in un mercato estremamente competitivo come quello del vino, la ricerca del prezzo “equo” diventa essenziale e più importante della ricerca dei volumi: “solo il prezzo adeguato alla qualità risulta il driver per dare la giusta collocazione del vino italiano nel contesto internazionale”. Un prezzo elevato non necessariamente corrisponde ad aumentate tensioni competitive se la qualità sottostante è evidente.
Prezzo sinonimo di qualità. Un prezzo di vendita più elevato non deve semplicemente riflettere un incremento dei costi fissi all’origine (compresi i costi burocratici), ma divenire sinonimo di qualità. Essenziale a tal fine risulta l’investimento sulla diffusione del brand ed adeguate strategie di marketing per educare i consumatori sulle reali qualità del vino italiano anche di fascia di prezzo inferiore. I prossimi anni risulteranno decisivi per capire se e con quale decisione tale strada è stata intrapresa e quali siano le reali potenzialità in termini di margini, oppure se l’incremento odierno dei prezzi ha riflettuto in gran parte l’aumento dei costi fissi intervenuto negli ultimi anni.