Pensare di essere in grado di prevedere i mercati finanziari e di essere capaci, grazie alle innumerevoli e dettagliate informazioni reperibili facilmente su internet, di scegliere un investimento in maniera perfettamente calibrata, è un fenomeno che ambisce a propagarsi, anche tra i giovanissimi, ormai dotati di smartphone e tablet, già a 12 anni.
Immaginiamo di tornare al 2001 e di essere intervistati dal famoso economista canadese Hersh Shefrin, che ci chiede, ad esempio, di paragonarci ai nostri colleghi di lavoro. La domanda è semplice: “Come guidatori ci giudichiamo sopra o sotto la media?”. L’esperimento, condotto da Shefrin, evidenziò che la maggior parte degli intervistati – tra il 65% e l’85% – si consideravano superiori alla media, e credo che, oggi, il risultato non cambierebbe affatto, non solo in relazione all’abilità di guidare, ma in molti altri campi.
Tutti possiamo incappare nella trappola della sicumera, nel sentirci assolutamente, o, “troppo” sicuri di noi stessi, delle nostre opinioni, conoscenze e abilità, piuttosto che dei nostri valori, nutrendo la convinzione di essere migliori della media del gruppo a cui ci riferiamo. Ciò determina un eccesso di fiducia che allontana dalla considerazione e dalla valutazione di determinati parametri oggettivi e che fa incorrere in errori decisionali. Accade in ogni campo, anche negli investimenti.
La trappola a cui mi riferisco, come avrete capito, è l’overconfidance, termine introdotto nel 1960, inizialmente in ambito psicologico, e poi esteso in campo economico e finanziario; la percezione sopravvalutata di sé stessi, rispetto agli altri, si manifesta insieme ad altri fattori: l’eccessivo ottimismo e l’illusione del controllo. Il primo è un vero e proprio errore cognitivo che induce a pensare che gli eventi futuri positivi accadranno a noi, mentre gli eventi negativi, accadranno, con maggiore probabilità, agli altri. L’illusione del controllo, invece, induce a pensare di influire su eventi che, in realtà, sono del tutto casuali e che dipendono da una relazione unicamente probabilistica. Può accadere, quindi, che investendo nel mercato in un momento favorevole, la nostra esperienza positiva diventi il driver degli investimenti successivi, sottostimando rischi ed esiti, e sopravvalutando le nostre abilità. È molto facile incorrere nella convinzione di replicare la conoscenza acquisita attraverso l’esperienza accumulata, senza considerare la naturale casualità. Attenzione, perché crescono sicurezza, coinvolgimento e familiarità su determinate operazioni, ma, pensare di riuscire a controllare eventi e andamento dei mercati finanziari, è un’illusione.
Inoltre, tutti questi fattori convergono sulla continua ricerca di informazioni che ci danno ragione: averne una marea a disposizione amplia potenziali conferme a convinzioni in atto, allontanandoci dalla razionalità e dalle evidenze contrarie. Non è un caso che oggi le criptovalute attraggano sul binario della convinzione di saper decidere meglio in autonomia, come in passato attraevano le azioni, per i non addetti ai lavori. E, ricordiamo, il successo, per la maggior parte delle persone, è frutto di capacità, mentre il fallimento viene spiegato da cause indipendenti dalla volontà personale, pensiamo alla sfortuna.
Quindi, non facciamoci ammaliare da piattaforme accessibili e da facili promesse. Prendiamo atto che siamo soggetti a commettere errori comportamentali legati a convinzioni, credenze ed emotività.
Conosciamo prima noi stessi e affidiamoci a un metodo che riporti ogni decisione di investimento all’ampiezza della nostra vita, sapendo che la sua complessità non sarà mai spiegata da un’equazione lineare “uguale e valida per tutti”.
Maria Luisa Visione