Non mi piace l’idea che il nostro Stato, come la nostra identità, i nostri territori,siano sottoposti ad una liquidazione coatta amministrativa. Lo vediamo nella programmazione economica del governo, nel rapporto credito-imprese, nella gestione (più in piccolo) del sistema territorio- Fondazione Monte dei Paschi di Siena, nel rapporto ormai logoro fra politica e popolo.
Il non prendere rischi, il procrastinare decisioni, il trincerarsi dietro un bigotto rispetto della forma per giocare in difesa, il limitarsi al tic-toc del progressismo bailado, fatto di slogan e non di riforme, il guardare al domani in maniera attendista, fosse il futuro una trasposizione economica del tikitaka calcistico barcelloniano, dove si imposta l’azione per vie traverse senza affrontare di petto (risolvendoli) i problemi, è un metodo da mettere in pensione. E non mi piace che sempre di più, a dettare i tempi e ai vertici dei posti di potere siano messi soggetti, spesso accademici, uomini di cattedra, che niente hanno a che vedere con lo sviluppo, le imprese, le famiglie, il popolo.
L’esperienza del governo Monti e della Fornero, continuata poi con esperienze locali che hanno avuto la stessa consistenza delle amebe, hanno iniziato questa disastrosa epoca che, spero ci abbia insegnato qualcosa. Non serve forma, occorre sostanza: non serve sapere occorre fare, e magari fare bene e alla svelta. Far riappropriare della propria funzione chi sa di vita, costumi,cultura, impresa, territori e realtà sarà la prima sfida. Perché, se ne dica quello che si vuole, le cose le fanno le persone e sono le persone giuste che possono o meno mettere in pratica idee e progetti: se non sei cresciuto all’interno delle idee e dei progetti che occorre portare avanti non lo puoi fare. Non me ne vogliano i professori ma, purtroppo, hanno tutti fallito. E, loro malgrado, è giusto che lascino strada ad altri. Hanno sbagliato, con quel loro fare rispettoso delle regole e della forma, i tempi ed i metodi. Li puoi utilizzare quando le cose vanno bene e devi mantenere un buon motore. Possono anche andar bene quando questo motore va al minimo. Non servono però quando devi mettere in moto: quando c’è bisogno di rivoluzionare il sistema, riprogrammare il futuro e vedere lungo occorrono altre caratteristiche, altri uomini, altre donne. Un mio grande amico è solito dire che “…chi ha il cane non sente il puzzo del cane” ed è per questo motivo che dobbiamo resettare la macchina e rivedere i parametri della crescita. Deve cambiare anzitutto l’approccio: progettare il futuro con il metodo del passato sarà un fallimento. Se non viene cambiato il metodo difficilmente cambieranno i risultati. Non vecchi ma giovani. Non professori ma inventori. Non formalisti ma imprenditori. Non ‘cattedratici’ ma innovatori. Non finanziari ma industriali. E che la politica, per una volta, faccia la politica e non faccia impresa.
Questa la strada da seguire: questo quello che vogliono le persone.
Ce la possiamo fare.
Luigi Borri