Economia

Un salario minimo per tutti per la dignità del lavoro e della vita

Dopo una lunga trattativa, la proposta per introdurre in tutta L’Unione Europea il salario minimo per tutti i lavoratori, si avvia alla fase dei negoziati.

Non sempre ne è chiara la ratio che dovrebbe avere la sua esistenza, nonostante sia sancita l’importanza e il valore del diritto ad avere una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del lavoro svolto, dall’art. 36 della nostra Costituzione, che precisa “retribuzione in ogni caso sufficiente ad assicurare al lavoratore e alla famiglia un’esistenza libera e dignitosa”.

Il salario minimo dovrebbe rappresentare la paga al di sotto della quale nessun lavoratore dovrebbe essere costretto a prestare la sua opera, indipendentemente dalla categoria e dal settore di appartenenza. Stiamo parlando di uno strumento normativo di tutela che non dovrebbe mai mancare in nessun Paese, con l’obiettivo di abbattere la povertà e di retribuire equamente chi lavora, senza soprusi. Utilizzo il verbo condizionale perché sappiamo che non è così per ogni categoria lavorativa. La prevenzione alla povertà del lavoro e la salvaguardia all’accesso e alla ricerca del lavoro sono diritti inviolabili, che, però, ancora non sono uniformemente tutelati. 

Attualmente in UE sono 6 i Paesi sprovvisti di una legge unitaria sul salario minimo contro 21 che ce l’hanno. Insieme a noi mancano all’appello Svezia, Finlandia, Danimarca, Austria e in parte Cipro. Purtroppo, però, il divario tra i Paesi sull’importo mensile è alto, e si muove dai 332 euro in Bulgaria ai 2.202 in Lussemburgo.

Altra considerazione importante è il rapporto tra il salario minimo da normare e il reddito medio che consente di vivere in maniera dignitosa, diverso, a seconda dei Paesi. Per esempio, in Germania tale rapporto, in media, è circa il 41%, mentre in Slovenia supera il 50%. (Fonte: Eurostat). E sono i Paesi tra i migliori!

Di fatto, quindi, esiste grande disparità di vita dignitosa, in rapporto al lavoro prestato, anche all’interno dell’UE e per questo diventa importantissimo il passaggio normativo che combatta il fenomeno dei lavori poveri. Un fenomeno che cammina insieme alla disoccupazione. Si parla di fiducia nel futuro e di libertà, ma quale libertà può esistere se, pur lavorando a tempo pieno, non si è in grado di sostenere economicamente sé stessi e la propria famiglia?

Avere diritti significa un salario che retribuisca il lavoro. Non beneficenza, non assistenza, non supporti transitori. Un salario adeguato al lavoro prestato. Per lo sviluppo dell’economia e della società.

Per la libertà di esistere.

Mi capita spesso di andare a Milano per lavoro, una città bellissima. Il dopo pandemia mi ha fatto trovare varie persone che dormono per strada, in centro, più di quante ne ricordassi. 

Quando pensiamo che le statistiche sono solo numeri, ricordiamoci che l’Italia oggi, in UE, è al quarto posto per povertà tra i lavoratori e che la situazione peggiora tra i più giovani.

Forse è tempo che tutto ciò finisca.

Maria Luisa Visione

 

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Francesco Laezza

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