Economia

Verso la procedura di infrazione per deficit eccessivo

Torna il tema dei conti di bilancio da far quadrare in base alle regole comunitarie.

La Commissione Europea riaprirà mercoledì 19 giugno la procedura di infrazione per deficit eccessivo dopo il periodo di sospensione del Patto di stabilità, causato dalla pandemia. 

Si farà riferimento al nuovo Patto di stabilità e crescita entrato in vigore il 30 aprile 2024 che delinea un percorso di rientro diverso, mantenendo in vigore i parametri originari. 

Ricordo che, in base alle norme stabilite nel 1992 dal Trattato di Maastricht, i Paesi aderenti dovevano contenere il debito pubblico entro il 60% del Pil e avere un rapporto deficit/Pil inferiore al 3%. 

I Paesi che hanno sforato il 3% adesso sono undici: Italia (7,4%), Francia (5,5%), Malta (4,9%), Slovacchia (4,9%), Belgio (4,4%), Estonia (3,4%) e Spagna (3,6%) per l’Area euro; Ungheria (6,7%), Romania (6,6%), Polonia (5,1%) e Cechia (3,7%) per l’Area non euro. Quadro nettamente cambiato rispetto al 1992.

Riguardo, invece, al rapporto debito pubblico/PIL, a fine 2023 superano i 100 punti Belgio, Italia, Grecia, Francia e Spagna. 

Le nuove regole stabiliscono che i Paesi con un debito superiore al 90% del Pil dovranno ridurlo, in media, di un punto percentuale ogni anno; per quelli, invece, con un debito compreso tra il 60% e il 90%, la percentuale media annuale di riduzione scende a 0,5%. Inoltre, tutti gli Stati sono obbligati a lasciare una riserva di spesa pari all’1,5% del Pil, al di sotto della soglia obbligatoria del 3%, per affrontare i momenti in cui l’economia si presenti non favorevole.

Regole uguali per tutti, che vedono i Paesi con deficit eccessivo interessati dalla procedura di rientro. Dovranno, infatti, presentare un piano quadriennale, estensibile a sette anni, per tornare in target e negoziare. Il quadro degli interessati è cambiato tanto da chiedersi come mai in così tanti non riescono a rientrare nelle regole. Magari dipende dalle regole stesse?

In ogni caso, l’Italia è interessata e dovrà tracciare la sua traiettoria di spesa: i primi conti pubblici che ne risentiranno sono quelli del prossimo anno. Al di là delle diverse ipotesi, conosceremo solo dopo il 20 settembre i numeri effettivi proposti e le raccomandazioni della Commissione Europea per rientrare. Scenario che apre preoccupazione, dato che anche se si trattasse di un aggiustamento strutturale del rapporto deficit/PIL dello 0,5% all’anno in sette anni, ciò significa 10 miliardi di euro all’anno di tagli di spesa. Aggiustamento che non prevede inadempienze, salvo sanzioni. 

Il tema è caldo proprio per i capitoli di spesa pubblica da coinvolgere. La sensazione è che si rimetta mano al capitolo delle pensioni, con la prospettiva di non avere margine per gli anticipi pensionistici, a causa del fatto che nel breve periodo possono avere un impatto importante sulla sostenibilità, come è accaduto con Quota 100. Piuttosto che rivedere i requisiti anagrafici e contributivi della pensionata anticipata, inasprendoli.

Riflessioni che aprono a ricordi non piacevoli come quelli della Riforma Fornero e dell’aumento dello spread dei Titoli di Stato in rapporto ai Bund tedeschi sui mercati finanziari.

Corsi e ricorsi, quando a dettare l’agenda sono le regole quantitative.

Maria Luisa Visione

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Francesco Laezza

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Francesco Laezza

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