L’utilizzo della terracotta per fare il vino è una pratica antica che oggi, in Italia e nel mondo, tante cantine hanno riscoperto con l’affinamento del vino in grandi anfore realizzate a mano. In questi giorni al Vinitaly di Verona riflettori sono puntati su alcune delle novità 2019 che fanno tendenza nel mondo del vino, presentate per la prima volta a Casa Coldiretti al Vinitaly allo show room delle curiosità dalla vigna al bicchiere tra le quali brilla il vino prodotta all’Isola d’elba dall’Azienda Agricola Arrighi di Porto Azzurro.
Antonio Arrighi, noto viticoltore e produttore di vini elbano, piace sperimentare. Lo ha sempre fatto, dall’inizio della sua conduzione della omonima azienda vitivinicola di famiglia: ha cominciato mettendo insieme uva proveniente da vitigni autoctoni con altra nata da vitigni originari di altre regioni, producendo un vino con sirah, sagrantino e sangiovese; poi ha proseguito impiantando con successo un vitigno assolutamente alloctono come il viognier, vinificandolo in anfora di terracotta invece che in contentori di acciaio o in barriques di legno, e producendo così un vino alla stregua degli antichi romani, a cui ha dato il nome di Hermia, lo schiavo cantiniere della famiglia dei Valeri, proprietaria all’epoca della Villa Romana delle Grotte di Portoferraio.
Per la porosità che caratterizza questo materiale, l’utilizzo della terracotta senza alcun rivestimento permette una intensa ossigenazione e il buon passaggio di ossigeno determina una maturazione ottimale dei vini rossi. Con l’utilizzo di rivestimenti interni come la cera d’api si riducono in parte gli scambi gassosi con l’esterno. Diversamente per limitarli al massimo, la giara può essere rivestita internamente con la resina epossidica. Proprio per queste sue particolari caratteristiche fisiche, la terracotta consente di ottenere ottimi risultati nella vinificazione, maturazione e conservazione del vino. grandi anfore di terracotta di 800 litri create dagli artigiani di Impruneta (FI).
“Le superfici vitate nella Toscana sono oltre 59mila ettari con una produzione di circa 3milioni e 500mila quintali di uve che vengono trasformati in 2milioni e 800mila ettolitri di vino – dice Fabrizio Filippi, presidente Coldiretti Toscana – Oltre il 70% dei vini è venduto sui mercati esteri (export 2018: 980 milioni di euro). In pratica una bottiglia su cinque di vino italiano bevuta oltre confine, viene dalla Toscana. Innovazione e tradizione si intrecciano in un connubio virtuoso che fa della nostra regione una dei simboli del buon vino nel mondo. Tra i molti problemi che i nostri viticoltori devono affrontare, anche nell’Isola d’Elba – continua Filippi – la difficile convivenza con una popolazione di ungulati che cresce in modo esponenziale e che, ormai fuori controllo, impegna le imprese agricole in forti investimenti per mettere in sicurezza le vigne”.