Parliamo della vita degli uomini e delle donne, di diversità che vengono da lontano, esplorando come in termini economici si stanno delineando i nuovi futuri: ritratto di generazioni che cambiano e differenze da colmare che restano.
Prendo spunto dal gap in cifre delle pensioni liquidate come nuove nei primi sei mesi dell’anno in corso nel nostro Paese: la differenza di importo a favore degli uomini è in media di 498 euro mensili. Affinché il confronto con i numeri sia istruttivo, si consideri che nel 2021, l’importo della pensione minima stabilito dallo Stato, da corrispondere al pensionato che ha versato i contributi obbligatori e maturato i requisiti, è di 515,58 euro (17 euro in più); una soglia considerata dignitosa per vivere, da raggiungere e rispettare se l’ammontare generato dai versamenti previdenziali effettivi risulta più basso.
Quali sono i comportamenti adottati nella vita reale durante le tappe importanti dell’esistenza dai due generi?
In tutta Europa le donne vanno via dalla casa di origine a 25 anni, due anni prima degli uomini e si sposano più giovani, per avere un figlio in media all’età di 29 (31 in Italia). Ciò che non sorprende, dato che è un esito ormai permanente nelle statistiche, è che le donne vivono più a lungo, in media 5,5 anni in più; nel caso della Lituania e della Lettonia, addirittura la media di aspettativa di vita a loro favore è di ben 10 anni.
Ciò che causa il gap allora è da rintracciare negli anni effettivi di contribuzione versati e nella tipologia di occupazione, in ottica di continuità e di stabilità, in quanto permane ancora un tasso di occupazione nell’UE maggiore di 11 punti per gli uomini, mentre, per contro, un divario di ben 21,5 punti a favore delle donne nei lavori part-time (Fonte: Istat, Rapporto 2020).
Una delle domande che mi viene rivolta più spesso riguarda il meccanismo di calcolo per determinare l’attribuzione dell’anno contributivo, cioè la circostanza per i lavoratori dipendenti privati a giorni alterni, di maturare comunque le 52 settimane contributive minime necessarie, valevoli per l’anno di attribuzione (piuttosto che per i lavoratori stagionali). Il caso, definito “lavoro part time verticale”, è stato disciplinato dalla Legge di Bilancio 2021 (L. n. 178/2020) all’art. 1, comma 350, consentendo l’attribuzione per intero dell’anno ai fini del raggiungimento dei requisiti di anzianità lavorativa per l’accesso al diritto alla pensione, sulla base del rapporto tra il totale della contribuzione annuale minima e il minimale contributivo settimanale. Nello specifico, cioè, 10.724 euro su 206,23 (che determina le 52 settimane).
Capiamo quanto è importante tenere conto di questo rapporto, onde evitare di lavorare 52 settimane, ma non avere l’anno attribuito, perché si è ricevuto uno stipendio più basso.
Come sempre conoscenza e consapevolezza sono le nostre guide migliori nelle scelte del presente. Arrivati all’età pensionabile, se mancasse un anno di attribuzione, quindi, senza avere i requisiti necessari, potrebbe essere davvero un bel problema.
Discorso valido per tutti, e in particolare proprio per molte donne che continuano a lavorare costantemente part time.
Maria Luisa Visione
Per i maschi c’è un alto numero di pensioni anticipate (79.935 per 2.104 euro medi) basate sugli anni di contributi e un basso numero di pensioni ai superstiti. Per le donne le pensioni anticipate, quelle di importo più alto, sono 44.204 per 1.609 euro medi.
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