Welfare aziendale e cultura finanziaria: quale direzione per un futuro migliore

Che il benessere a 360° dei lavoratori passi anche da una migliore cultura finanziaria, assicurativa e previdenziale, è ancora un approccio innovativo e fa parte di una visione che fino a qualche anno fa sembrava appartenere a un altro pianeta.

Eppure, basta consultare la richiesta dal basso per rendersi conto che, invece, è proprio così. Nel Rapporto del Comitato EDUFIN del 2023 resta consolidata a circa 8 intervistati su 10 la percentuale dei lavoratori che vorrebbero fossero introdotti percorsi di educazione finanziaria sul posto di lavoro.

Il welfare aziendale, in tutte le sue iniziative, da parte del datore di lavoro e degli accordi contrattuali finalizzati a migliorare il benessere del lavoratore tramite benefit o fornitura diretta di prodotti e servizi, si sta evolvendo e dirigendo sempre di più verso forme nuove di soddisfazione e di utilità.

Le aziende erogano già una serie di servizi di welfare occupazionale ai propri dipendenti che consistono in forme diverse di sostegno al reddito; si tratta, in sostanza, di beni e servizi detassati in grado di soddisfare esigenze di tutela e miglioramento dello standard di vita del lavoratore e sei suoi familiari che sono anche forme deducibili per l’azienda, entro certi limiti. Quando l’azienda guarda alla sua attività nel complesso, rappresentano un vantaggio concreto, in quanto riducono il cuneo fiscale.

È ben comprensibile che se la quantificazione di un tale vantaggio per il lavoratore si traduce in una maggiore capacità di spesa, come ad esempio accade per le spese scolastiche, per il costo di asili nidi e la palestra, per l’assistenza sanitaria, diventa semplice anche per le azioni governative emanare norme di facile applicazione annuale. Guardiamo, ad esempio, ai fringe benefit che nel 2024 si sono aggiunti alla classica auto aziendale, al portatile e ai buoni basto; mi riferisco al pagamento delle bollette e degli interessi del mutuo. In un momento in cui il peso dell’inflazione si fa sentire, tali consumi pesano di più, tanto da far percepire meglio il vantaggio di avere risparmio.

Quando parliamo di educazione finanziaria, però, non abbiamo la consapevolezza dei benefici effettivi, perché non riusciamo a quantificare in un numero di euro gli effetti economici che un maggiore livello di cultura finanziaria, assicurativa e previdenziale producono sulla persona e sui suoi familiari.

Si tratta, davvero di fare un salto quantico, per comprendere come le maggiori competenze trasformate in comportamenti, facciano in modo che non accada, come, invece, avviene adesso, che il 50% delle persone non abbia consultato i suoi dati personali disponibili sull’Inps per sapere come sta costruendo il suo futuro previdenziale e che solo il 25,8% sa cosa significa rischio di longevità. Oppure che non accada che i decisori con bassa conoscenza finanziaria dichiarino più spesso di avere difficoltà a far fronte a spese impreviste; o che una minore conoscenza finanziaria si accompagni ad una maggiore ansia finanziaria, oppure, ancora, per restare sul tema investimento, che l’aumento dei tassi di interesse sia diventato un fattore di grande stress.

Il grande salto è comprendere che dare un benefit in ore di educazione finanziaria, assicurativa e previdenziale al lavoratore lo può aiutare a pianificare in anticipo gli esiti, positivi o negativi, che, comunque, riguardano la gestione del risparmio e del patrimonio, che non sarà mai esente da rischi. Con l’effetto di non averne paura ma di averne consapevolezza per orientarsi, con i comportamenti, a gestirne gli effetti e a quantificarli, sia prima che dopo, toccandoli con mano, anche se non sono un buono pasto.

Di fatto, i benefici per l’azienda sono sempre superiori a quelli del risparmio economico e fiscale, in quanto una maggiore fidelizzazione del lavoratore significa minore assenteismo, maggiore coinvolgimento nel lavoro, proattività e aumento di produttività. Significa, se l’ansia finanziaria si riduce, una maggiore serenità sul luogo di lavoro che avrà riflesso anche sul clima ambientale, all’interno della propria azienda.

È tempo che gli imprenditori più longevi inizino a introdurre programmi di educazione finanziaria, assicurativa e previdenziale a vantaggio dei lavoratori, al pari di ore retribuite di lavoro.

Da parte del Governo, è tempo di pensare a come incentivare fiscalmente un tale salto, per tutti, generazioni future e lavoratori in essere.

Misurando, in base alle azioni, i risultati. Perché questo è l’unico modo per vedere se funziona e per generare negli anni maggiore benessere economico collettivo.

Qualcuno la chiamerebbe crescita di PIL ed ha ragione, perché è migliore qualità della vita.

Maria Luisa Visione