Poi prendiamo una piantina della provincia fiorentina e ci rendiamo conto che quella sera del 19 giugno 1982 Antonella Migliorini e Paolo Mainardi decisero di appartarsi su quell’arteria chiamata via Virginio Nuova, inizio e fine di una percorso che potrebbe essere indicato come la tana del mostro. In un tempo compreso tra 20 e pochi minuti si raggiungono Firenze, Scandicci, San Casciano, Giogoli, Montelupo, Ortimino e Ginestra. Calenzano, la nostra precedente tappa, è a 35 km a nord/ovest. In alto Montespertoli e a pochi passi il greto del torrente Virginio, linea guida e mappa naturale per qualsiasi uomo in fuga nella notte: Baccaiano è ad appena un chilometro e lassù, superate distese di viti, casolari e capanni osservano da un punto privilegiato la piana dove sorgono un impianto sportivo ed un campo di tiro a segno.
Il solstizio d’estate è alle porte e alle nove e mezza di sera è ancora giorno sebbene quella sarà una notte di novilunio ed il passaggio tra il sabato e la domenica sarà caratterizzato dalla più nera oscurità.
Aveva paura ad appartarsi in aperta campagna e così, quella sera, Antonella chiese a Paolo di rimanere vicini alla strada. Dopo aver trascorso alcune ore con gli amici nella Piazza centrale di Montespertoli, i due ragazzi, salirono a bordo dell’auto di Paolo e si fermarono in quel punto di Via Virginio Nuova che difficilmente poteva essere definita una piazzola. Avrebbero dovuto sposarsi ed erano molto conosciuti in paese, lei non ancora ventenne, lavorava come cucitrice ed abitava in un frazione di Montespertoli, lui, ventiduenne, lavorava come meccanico e viveva in paese.
Tra le 23.30 e mezzanotte un’auto scende da Baccaiano in direzione Fornacette, a bordo un ragazzo e due ragazze; l’auto passa accanto alla 127 di Paolo Mainardi posizionata con la parte anteriore rivolta verso un campo e la parte posteriore quasi sulla strada, le luci interne accese ed i vetri appannati. La stessa auto procede e dopo un chilometro circa incrocia un’altra auto con a bordo due ragazzi diretti dalla parte opposta in direzione Baccaiano. Questa seconda auto, percorso lo stesso chilometro in senso contrario, raggiunge anch’essa la zona dove pochi minuti prima era stata vista la 127 di Paolo Mainardi, ma la scena è differente: l’auto si trova sul lato opposto della carreggiata, ha le luci spente e le ruote posteriori incastrate in un fosso che corre parallelo alla strada.
Non ci interessa precisare se fossero le 23:35 o le 23:50, ci interessa comprendere come in un lasso di tempo così breve, quello che due auto possono impiegare a percorrere 1000 metri più ulteriori 1000 in senso opposto, il mostro sia riuscito ad esplodere nove proiettili marca winchester con lettera H sul fondello da una pistola Calibro 22, timbro e firma dei suoi crimini maniacali. Oltre alle due auto citate, una terza percorrerà via Virginio Nuova in direzione Poppiano, all’interno un ragazzo ed una ragazza che appena oltrepassato il luogo dell’omicidio diranno di aver avvertito suoni simili a spari e aver notato movimenti strani intorno alla 127 del Mainardi. Loro, insieme ai due a bordo dell’auto diretta verso Baccaiano saranno gli stessi che, quasi in sincrono decideranno di tornare indietro per verificare cosa potrebbe essere accaduto a quella 127 celeste ormai ferma e bloccata nel fossetto opposto alla piazzola dove erano soliti fermarsi i giovani della zona. I primi ad arrivare e scoprire i due cadaveri saranno Adriano e Stefano, i secondi Graziano e Concetta. I quattro giovani si rendono conto che Paolo respira ancora e, dividendosi, rientrano nelle rispettive auto per andare a chiedere soccorso a Carabinieri e Croce d’Oro di Montespertoli. Pochi minuti più tardi arriva un’ambulanza guidata da Lorenzo Allegranti insieme a tre operatori sanitari che verificata la morte di Antonella Migliorini, si preoccuperanno di trasportare all’ospedale di Empoli Paolo Mainardi ormai in coma profondo e dove purtroppo decederà senza mai riprendere conoscenza, alle 8 del mattino seguente.
La scena che si presenta alle forze dell’ordine è la seguente: una 127 Fiat di colore celeste giace con le ruote posteriori in un fossato, retromarcia inserita e freno a mano parzialmente tirato. Il parabrezza all’altezza della testa del guidatore è perforato presumibilmente da un proiettile, il finestrino anteriore sinistro frantumato con parti di vetro all’interno dell’abitacolo. I fari anteriori sono anch’essi frantumati ed i fanalini rotti. Il sedile anteriore di sinistra è per metà reclinato ed evidenzia grandi macchie di sangue sia sul sedile che nelle intercapedini così come nella parte del sedile posteriore. La porta anteriore sinistra è chiusa mentre quella di destra è aperta, è da lì che i soccorritori infatti avevano estratto il corpo di Paolo per il trasporto in ambulanza. All’interno dell’auto vengono repertati, ma analizzati a distanza di giorni, fazzolettini ed un preservativo usato contenenti liquido seminale. Il laccio dell’orologio di Antonella è spezzato e viene ritrovato sul sedile posteriore mentre una maglia metallica dello stesso tra i capelli del Mainardi. Dal cruscotto mancano le chiavi che verranno ritrovate nel campo adiacente a circa 20 metri dall’auto.
I bossoli ritrovati sono nove di cui tre sulla piazzola di fronte al luogo di ritrovamento dell’auto dall’altro lato della carreggiata, due sulla strada, altri tre di fronte all’auto ed uno solamente all’interno dell’abitacolo. Paolo Mainardi, secondo la testimonianza dei ragazzi giunti per primi sul luogo dell’omicidio era posizionato al posto di guida mentre Antonella giaceva sul sedile posteriore a destra, secondo i ricordi dei soccorritori, invece, anche Paolo sarebbe stato sdraiato sul sedile posteriore con la testa reclinata verso sinistra e con le gambe che poggiavano sotto il sedile anteriore. Le due testimonianze, in apparenza opposte, in realtà potrebbero confermare la posizione di Paolo tra il posto di guida ed il lato passeggero, con le gambe sul sedile anteriore ed il corpo leggermente abbandonato a sinistra invadente la parte posteriore dell’auto.
La ricostruzione del duplice omicidio lascia ancora oggi molti punti interrogativi. Noi decidiamo di raccontare ciò che ufficialmente risulterà in sede di dibattimento.
Paolo Mainardi è stato raggiunto da quattro colpi di arma da fuoco,tutti, rispetto all’asse centrale, nella parte sinistra del corpo. Di questi quattro colpi nessuno è mortale sebbene uno venga ritenuto responsabile delle complicazioni che poi porteranno al decesso: proiettile con ingresso dalla tempia sinistra e che attraversa la cavità cranica arrestandosi contro il tavolato osseo in regione temporale destra. I colpi non fatali invece sono all’orecchio sinistro con arresto del proiettile sopra l’arcata dentaria superiore sinistra, un altro alla mandibola sinistra con uscita del proiettile dalla zona zigomatica ed uno alla spalla sinistra con arresto sulla scapola sinistra. Non da sottovalutare sono le numerose ecchimosi che Paolo ha sull’addome e sugli arti superiori. Antonella è stata raggiunta invece da un colpo superficiale in zona frontale sinistra e da un altro, mortale, in regione medio frontale con penetrazione in cavità cranica. Ha una contusione al setto nasale e ad una caviglia.
Tante cose sono state dette e scritte sulla probabile dinamica dell’omicidio. Noi preferiamo tener presente quattro dati oggettivi: la localizzazione dei bossoli repertati, tre sulla piazzola, due sulla carreggiata, tre di fronte all’auto bloccata nel fosso e uno all’interno dell’abitacolo, le chiazze di sangue ritrovate all’interno dell’auto ed in modo abbondante sul sedile anteriore sinistro, la provenienza degli spari che raggiungono Paolo colpendolo sempre nella parte sinistra rispetto all’asse maggiore del corpo e soprattutto la velocità dell’azione che, come abbiamo asserito, si deve essere svolta in massimo due minuti. Paolo Mainardi e Antonella Migliorini hanno appena terminato un rapporto sessuale (ritrovamento nell’abitacolo di un preservativo utilizzato ed annodato e fazzolettini di carta con evidenti tracce di liquido seminale), entrambi sono completamente vestiti e quindi in procinto di lasciare la piazzola (solo Antonella ha ancora la cintura della gonna slacciata). L’assassino si palesa improvvisamente, ma questa volta i ragazzi sono più vigili rispetto ai delitti precedenti, quando venivano sorpresi in fase di preliminari all’atto amoroso. Probabilmente Paolo e Antonella avvertono la presenza di una persona fuori dall’abitacolo e mentre la ragazza rimane bloccata sul sedile posteriore, il ragazzo accende l’auto e ingrana la retromarcia, dimenticandosi di togliere il freno a mano; l’assassino, come per altri delitti spara dal finestrino anteriore sinistro procurando le prime lesioni alla spalla di Paolo e forse al volto di Antonella mentre l’auto inizia a muoversi all’interno della carreggiata. Il mostro probabilmente insegue l’auto da vicino e spara in questo momento il colpo frontale al parabrezza dell’auto che per la concitazione o per le possibili ferite riportate dal guidatore, finisce nel fosso nel lato opposto della strada (forse causa delle numerose ecchimosi sul corpo dei ragazzi). A questo punto, con ogni probabilità, l’assassino finisce l’azione omicidiaria colpendo a morte Antonella e Paolo che, noi sappiamo non essere clinicamente deceduto, ma non agli occhi del mostro, pressato dai fari delle auto che stanno percorrendo Via Virginio Nuova. Le chiavi vengono tolte dal cruscotto come gesto di ulteriore blocco alle vittime in fuga (non è da escludere ancor prima di sparare quell’ultimo colpo all’interno dell’abitacolo). E’ a questo punto che, rimanendo i fari e le luci di posizione accesi, l’assassino provvede a riportare nella massima oscurità la scena del crimine. Quello che ci preme sottolineare è che la testimonianza delle persone che per prime scoprono la 127 con a bordo il corpo agonizzante del Mainardi e quello senza vita della Migliorini vuole il ragazzo al posto di guida, tanto che i testimoni stessi si rendono conto della possibilità di salvargli la vita allertando la Croce d’Oro di Montespertoli. La testimonianza dei soccorritori, prima dell’arrivo dei Carabinieri, ci sembra invece alquanto da giustificare con una serie di aspetti non esattamente in linea con le finalità investigative. Allegranti dirà infatti di aver aperto lo sportello di destra, di aver verificato la morte di Antonella seduta sul divanetto posteriore della 127 e di aver estratto, sempre dal divanetto posteriore, il corpo di Paolo posizionato con le gambe sotto il sedile anteriore sinistro leggermente reclinato. Altro particolare: il tentativo di fuga di Paolo Mainardi è comprovato da una serie di elementi che già sopra abbiamo evidenziato, stessa cosa non possiamo dire di un tentativo di fuga dal fosso in cui si è incagliata successivamente la Fiat 127; la macchina infatti viene ritrovata con retromarcia ingranata e freno a mano parzialmente tirato. Non vogliamo in modo arrogante fornire certezze sulla dinamica dell’omicidio, ma come sempre abbiamo fatto, ci basiamo sulla semplicità dei dati in nostro possesso che, per come vi abbiamo raccontato, trovano palesi riscontri incrociati. Voler ipotizzare “scene” differenti, non solo implica dover giustificare elementi dissonanti rispetto alla scena del crimine, ma soprattutto ci condurrebbe verso dinamiche, che poi sono state legittimamente processuali, ma non coerenti con le nostre finalità di narratori. La triste realtà ci racconta comunque che Paolo Mainardi morirà all’ospedale di Empoli intorno alle 8 del mattino successivo senza più riprendere conoscenza, e ci racconta che il mostro di Firenze era tornato a colpire rinunciando alle rituali escissioni per mancanza di tempo e per eccessiva visibilità data dal luogo dell’agguato.
L’assassino rischia, ma non può oltrepassare un certo limite e quindi spara, uccide e scappa. A pochi metri un torrente come guida e, lassù, in alto, una sicura via di fuga. Non lasciamo Baccaiano, ci soffermiamo in paese e continuiamo a parlare con le persone del luogo, facciamo una breve fuga a Firenze all’interno della Biblioteca Nazionale per poi tornare lungo il greto del Virginio da dove, nella prossima puntata del nostro viaggio, vi racconteremo di come finalmente, dopo 14 anni e 5 duplici omicidi, gli inquirenti si ricorderanno di quella Barbara Locci e di quell’Antonio Lo Bianco barbaramente uccisi a Castelletti di Signa nel 1968. Vi racconteremo dell’arresto del “nuovo” mostro e, solo se avremo conferma da documenti ufficiali, di come una “strana” combinazione potrebbe giustificare la presenza dei protagonisti di Signa a poche centinaia di metri dal luogo dell’omicidio. Non anticipiamo nulla, vi aspettiamo con la prossima puntata ancora da Baccaiano, non è ancora arrivato il momento di ripartire…
P.S. Oltre ai testimoni di cui abbiamo parlato, altri due ragazzi, Bruno e Carlo Alberto, ebbero qualcosa da raccontare agli inquirenti nel gennaio del 1983 relativamente alla sera dell’omicidio Mainardi-Migliorini: poco prima delle 23, mentre stavano percorrendo in Vespa la provinciale che collega Montespertoli a Baccaiano, avrebbero notato un uomo a piedi di altezza variabile tra i 165 e di 170 cm, dai capelli scuri, con pantaloni chiari e con una maglietta anch’essa chiara fino all’altezza del petto e poi con una fantasia a strisce orizzontali scure nella parte restante del busto. Alla vista dei due ragazzi in Vespa, l’uomo impaurito, si sarebbe nascosto scivolando lungo la cunetta laterale della strada. Ricordiamoci del particolare della maglietta perché appena un anno dopo, a Giogoli, questo dettaglio tornerà all’interno di nuove testimonianze per poi risultare elemento di interesse da parte degli investigatori il 21 giugno 1985 durante un colloquio tra Ada Pierini, già all’epoca del delitto di baccaiano nuova compagna di Salvatore Vinci dopo la separazione da Rosa Massa, ed il Col.Torrisi dell’Arma dei Carabinieri.
Andrea Ceccherini
Katiuscia Vaselli
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