A prima vista Dennis Lehane, Cormac McCarthy, Arthur Schnitzler, Marcela Serrano, Mario Tobino non sembrano presentare molti punti in comune. I primi due sono americani e viventi, Schnitzler è nato e morto a Vienna, nel 1931, Marcela Serrano è una delle scrittrici in lingua spagnola più conosciute (è nata a Santiago del Cile nel 1951), Tobino, infine, costituisce un capitolo importante, sebbene molte volte trascurato, della letteratura italiana nel periodo compreso grosso modo tra gli anni Quaranta e gli anni Ottanta del Novecento. Anche alcuni dei romanzi che spiccano all’interno della loro vasta produzione, vale a dire “Shutter Island” di Lehane, “La strada” di McCarthy, “Fuga nelle tenebre” di Schnitzler, “Dieci donne” della Serrano, “Le libere donne di Magliano” di Tobino, non hanno evidenti punti di tangenza, né per quanto attiene al genere né per quanto riguarda le vicende narrate e la caratterizzazione dei personaggi. Al centro di “Shutter Island” c’è un delitto familiare, “La strada” descrive la perenne fuga di un padre e di un figlio in un mondo devastato e abbrutito da una catastrofe (nucleare), “Fuga nelle tenebre” è la storia del progressivo e inarrestabile insorgere della follia in un onesto funzionario austriaco, “Dieci donne” è una raccolta di monologhi al femminile, recitati nello studio di una psicoterapeuta, “Le libere donne di Magliano” nasce dall’esperienza reale di Tobino come psichiatra nei manicomi dell’Italia centrale. Eppure, un filo rosso (sotterraneo) lega questi scrittori, unisce questi cinque romanzi: l’attenzione portata alla soggettività dei protagonisti, alla loro dimensione interiore, che solo in minima parte – lo aveva già compreso Freud, ce lo confermano oggi le neuroscienze – è riconducibile ai concetti di coscienza, razionalità, volontà. È proprio alla luce di questo intimo vincolo che si spiega la scelta, operata da me e da Andrea Marzi, di esaminare e commentare in un unico volume i cinque romanzi in precedenza citati. Infatti, la profondità con la quale il “sottosuolo dell’uomo”, espressione dal sapore manifestatamente dostoevskijano, è scandagliato in questi libri, fatto emergere, trasportato sulla pagina, problematizzato, li rende interessantissimi sia per un critico letterario sia per uno psicoanalista. Quello che abbiamo fatto, in sostanza, è stato – impiegando una scrittura chiara e aliena dal ricorso a un linguaggio iperspecialistico e settoriale – concentrare la nostra attenzione, muovendo ciascuno dal proprio ambito di competenza, sulla follia, sulla depressione, sulla comunicazione, sulla solitudine, sulla nostalgia, sulla bontà e la crudeltà dell’uomo, sulla forza del ricordo, ma anche sui rapporti familiari, sulle loro modalità, sulle loro fragilità e zone d’ombra. E lo abbiamo fatto certi che alcuni testi, tra i quali figurano a pieno titolo “Shutter Island”, “La strada”, “Fuga nelle tenebre”, “Dieci donne”, “Le libere donne di Magliano”, contribuiscono ad accrescere in modo significativo la nostra conoscenza dell’essere umano, nelle sue costanti, nelle sue irriducibili particolarità. Il passo che segue è tratto dalla prefazione scritta da Andrea Marzi.
“Sono cinque opere letterarie, scelte liberamente da noi, che ci sono sembrate particolarmente adatte per il nostro scopo, variegate nel tema e nello stile, nelle intenzioni e nelle impostazioni, e che tuttavia ci stimolavano in pari modo, ci sfidavano nel pensiero, ci obbligavano a sostare nei pensieri, a costringerli a muoversi, ad amalgamarsi, a fornire una nuova dimensione di senso che ci sembrava latitare in precedenza. Forse qualcosa che ha a che fare con il “conosciuto non pensato (“unthought known”) di Christopher Bollas, certo, o con i pensieri senza pensatore di Bion, ripresi proprio da Thomas Ogden. Cinque opere letterarie che speriamo possano offrire ai lettori (quelli che vorranno accogliere la nostra positiva sfida) un modo di affrontare l’arte in maniera più completa e, ci auguriamo, arricchente. Cinque opere che cominciano nella matrice storico sociale più fondamentale della psicoanalisi (la Mitteleuropa di Scnitzler), per salire verso l’Italia e la Toscana post bellica del manicomio real-fantasioso di Tobino, parallelizzato dall’ambientazione coeva, ma fittizia, del Dennis Lehane di Shutter Island, fino alla contemporaneità futuribile, stupefacente e lancinante di Cormac McCarthy, e alla drammatica diaristica al femminile di Marcela Serrano. Su queste opere ci siamo lasciati condurre da un ascolto vicendevole, rispettoso ed emotivamente ricco, per portare avanti una conversazione a due, autonoma ma anche reciprocamente intersecantesi, nella speranza di costruire, acquisire, creare, raggiungere un senso per noi e per il lettore più denso e di maggiore spessore”.
A.Marzi-F.Ricci, Laggiù nel profondo, Siena, nuova immagine, 2017
Francesco Ricci