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A proposito della rincorsa

Riceviamo e pubblichiamo la riflessione di Paolo Neri

Dopo l’ultimo Palio, infuriano le polemiche sulla validità della mossa, in reazione alla posizione della rincorsa. Conviene allora ricordare l’origine di questa anomala pratica, tollerata ufficialmente dal 1930. Forzare l’ingresso al canape per determinare il cambio della busta, era una birbata del Meloni, che riusciva particolarmente bene, alla decima contrada. A quei tempi, infatti, l’ordine ai canapi doveva essere cambiato, quando il mossiere avesse abbassato i canapi e invalidato la mossa, qualunque ne fosse stata la ragione. I fantini capirono presto che la pratica di “partire fiancati” cominciava a essere tollerata e forniva un vantaggio incredibile per quella che – da allora – fu chiamata la rincorsa. Non mancarono certo furiose polemiche da parte di chi – come il Bruco – si sentiva danneggiato. Infatti, ben 3 carriere su 6 (quelle dei palii di luglio 1930, 1931, 1932) furono vinte partendo di rincorsa. E’ assai probabile che i mossieri non fossero ancora esperti della novità e dessero mosse molto ‘vecchie’, come – ad esempio – quelle – clamorose – del 2 luglio e dell’8 settembre 1954, e diverse altre del periodo. Negli ultimi anni (2006) il garbuglio pseudo-tecnico di consolidare valida la mossa quando l’incollatura del cavallo di rincorsa è all’altezza del verrocchino ha penalizzato di almeno di due lunghezze la mal capitata Contrada (riguardo alla vittoria, non ai ‘partiti’). Interessante, è osservare che dal 1900 al 1929, quando – secondo secolare tradizione – la decima Contrada partiva dal canape come le altre nove, le vittorie furono tre (1909, 1923, 1926) su 67 carriere (incluse quelle straordinarie). Quindi, circa il 4% in media con quella che spetterebbe a ogni consorella, ma straordinariamente inferiore al 24 %, calcolato dopo l’introduzione della rincorsa dal 1930 al 2 luglio 2024. Se ne deduce che la rincorsa ha favorito la decima contrada oltre ogni limite. Allo stesso tempo, il suo ruolo cruciale ha stravolto allungato i tempi della mossa e condizionato pesantemente lo svolgimento dell’intera carriera.
La rincorsa ha progressivamente beneficiato di una crescente anarchia, che oggi le consente ampia libertà di manovra, con l’allontanarsi dai canapi invece di attendere nei pressi del verrocchino la chiamata del mossiere, di fingere l’entrata, o, addirittura, rifiutare la chiamata fino a far rimandare il Palio al giorno dopo. Nonostante ciò, in quasi ottant’anni, nessuna Amministrazione Comunale ha provveduto a integrarla nel Regolamento con norme specifiche. (Il garbuglio pseudo-tecnico dell’incollatura al verrocchino è un accordo dei capitani che non hanno potere di legiferare). Anche le minacce di sanzioni post-palio da parte del Mossiere non hanno, purtroppo, effetti immediati.
Non desta, infatti, nessun piacere la ripetizione ossessiva di comportamenti trasgressivi da parte dei fantini, impegnati a controllare la riottosità di un cavallo prossimo alla paranoia o a recitare una sceneggiata per danneggiare un’avversaria. Comportamenti che, se mostrassero una qualche intelligenza, potrebbero anche suscitare una trucida ammirazione. Purtroppo, per la loro banalità o incompetenza, destano solo noia. Ma a chi giova, dunque, la rincorsa? Non ai cavalli, né alla Festa, che si fa’ con le Contrade e non per le Contrade. Giova solo ai guadagni dei fantini, ai quali, per la loro natura di professionisti, va il massimo rispetto. Uguale rispetto, però, andrebbe soprattutto a chi finalmente ottemperasse al dovere – anche a rischio di una momentanea impopolarità – d’intervenire con norme certe per risolvere un problema grave.
Le soluzioni possono essere molte, ma, in omaggio al ‘Rasoio di Occam’, quella più semplice è anche quella giusta: non consentire più una pratica dannosa, per giunta degenerata nel tempo.
Dico: ‘non consentire’ invece di ‘abolire’; poiché non si può abolire una cosa che non è mai stata decretata. Tuttavia, se non si osasse arrivare a tanto, si potrebbe almeno consentire che il Mossiere possa ordinare di partire dal canapo al fantino della decima Contrada, quando questi non obbedisse prontamente ai suoi ordini. In caso di persistente riottosità – di qualunque concorrente – financo decretare l’espulsione immediata
Parallelamente, andrebbe però consentito alla decima Contrada il diritto di rifiutare la partenza di rincorsa.

Paolo Neri

marco crimi

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marco crimi

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