A Siena nasce la casa dell’innovazione agroalimentare grazie ai fondi Pnrr

Con le risorse del Pnrr “entro fine anno, realizzeremo una struttura per la diffusione dell’innovazione” per il settore dell’agroalimentare. Lo ha annunciato il presidente del Santa Chiara Lab Angelo Riccaboni nel suo intervento durante il convegno “Olivi Felici”, che il centro dell’Università ha ospitato nella sua sede e che è organizzato da Siena Food Lab (Fondazione nata dallo stesso Santa Chiara e FMps) e da azienda La Torre alle Tolfe.

“A Siena, oggi, non c’è nulla che racconti al pubblico che siamo al centro di 5 Docg del vino e di numerose produzioni olivicole. Questa struttura, messa a disposizione dall’Università e dal Food Lab, potrà diventare un punto di riferimento, ma dobbiamo renderla viva insieme”, ha aggiunto Riccaboni.

L’evento “Olivi Felici” è stata un’occasione per approfondire le necessità dei produttori di olio e le risposte che possono arrivare dal mondo della ricerca. “Le aziende – ha aggiunto il docente dell’Università – devono essere competitive nel rispetto dei principi della sostenibilità”. Ed ancora: “È emerso che esiste un mercato in cui i valori dell’olivicoltura della Toscana meridionale possono essere valorizzati: sostenibilità, territorio, qualità. Ma dobbiamo assicurarci che questi valori non restino solo dichiarazioni: servono certificazioni e verifiche oggettive”.

Prosegue Riccaboni: “Come Santa Chiara Lab, stiamo lavorando a metodologie innovative per tracciare l’origine geografica e varietale delle produzioni. Basta dire che un olio proviene da una certa zona se poi non è vero. Quello che si è fatto per il vino ora si può fare anche per l’olio. Senza certezze, il consumatore resta confuso. Sia con le certificazioni esistenti, sia con le innovazioni che stiamo proponendo, possiamo dare queste garanzie – dice ancora- . C’è anche il tema dei finanziamenti: il sistema bancario deve essere più attento alle piccole imprese, che se sono sostenibili devono poterlo dimostrare con elementi oggettivi e indipendenti, non solo con autodichiarazioni”.

“Un altro punto cruciale è il territorio – continua-. Se c’è un territorio in Italia che può e deve far valere questi principi, è il nostro. Pensare di abbandonare le produzioni tradizionali per passare a modelli intensivi o semi-intensivi sarebbe un errore strategico. Questo territorio è riconosciuto a livello mondiale come simbolo di qualità e sostenibilità. Rinunciare a questa identità sarebbe un gesto controproducente”.

Il terzo pilastro, ha concluso,  “è la comunicazione. Dobbiamo far capire il valore che c’è dietro ai nostri prodotti. Se non ci riusciamo, il consumatore penserà che tutti gli oli siano uguali, o che un olio a 3-4 euro sia comparabile a uno di alta qualità. Comunicare è difficile, perché si tratta di cambiare la cultura, e questo richiede tempo e impegno”.

MC