Più che l’inizio dell’antropocene potè l’era contemporanea con l’attività sempre più intensa e invasiva dell’uomo: sette anni e oltre 700 ore di analisi e lavoro nelle coste italiane da nord a sud, portato avanti da Università di Siena e del Centro Studi Squali di Massa Marittima mostra dati particolarmente allarmanti sulla diminuzione della presenza dello squalo bianco nei nostri mari. Una specie preistorica, sulla terra da 3 milioni di anni, adesso sta scomparendo.
E stavolta non si tratta della stessa fantascienza con la quale fin da bambini ci hanno abituato a vedere gli squali, voraci predatori di uomini che in realtà l’uomo proprio non lo gradiscono. Eventuali, sporadici attacchi sono dovuti al fatto che questi pesci cartilaginei scambiano a volte bagnanti o surfisti per foche.
Secondo la ricerca, “Monitoraggio e marcatura dello Squalo bianco nel Mediterraneo”, non è remota la possibilità che questa specie abbia superato il limite di non recupero, almeno nelle acque costiere italiane.
“Lo squalo bianco è ritenuto in in forte pericolo di estinzione già dal 2016 dall’IUCN – International Union for Conservation of Nature – ha spiegato il professor Primo Micarelli (nella foto con la professoressa Marsili), docente dell’Ateneo senese – mentre il Mar Mediterraneo veniva considerato, e adesso non potrà più esserlo, nella sua globalità, uno degli otto hotspot mondiali per la presenza ed abbondanza degli squali bianchi”.
Lo studio evidenza come nessun esemplare di squalo bianco sia stato “avvistato” durante le oltre 700 ore di monitoraggio sul campo lungo le coste Italiane tra il 2017 ed il 2024; lo studio ha messo in campo studiosi con ampie competenze in materia, ampi mezzi e tecnologie avanzate. Ma il rischio riguarda tutte le specie pelagiche, non solo lo squalo bianco.
“L’impegnativo progetto condiviso fra CSS e l’Università di Siena, vuole quindi lanciare un allarme – sono le parole della professoressa Letizia Marsili, coordinatrice dell’equipe del dipartimento di Scienze Fisiche della Terra e dell’Ambiente dell’Università di Siena – corredato dal rapporto tecnico finale del progetto che evidenzia come la totale assenza di avvistamenti durante le attività di monitoraggio sul campo possa significare che la specie possa aver superato la soglia di non ritorno, con una grave perdita in termini di Biodiversità per il Bacino Mediterraneo, dove era presente da circa tre milioni di anni. Quando la popolazione sarà sparita, non potendo pensare di farla riprodurre in ambienti ‘piccoli’, gli squali non potranno più tornare”. Questo significa anche che al vertice della catena alimentare, il posto dello squalo è stato preso dall’uomo e, spesso, da una pesca non controllata. Mentre è fondamentale il rapporto tra piccoli pescatori e ricerca, perché i pescatori sono le vere sentinelle del mare e la salute degli oceani si riflette sulla salute dell’uomo” ha concluso Marsili.
La ricerca, promossa dal professor Primo Micarelli Docente della nostra Università, sviluppata in coordinamento e collaborazione fra l’Università di Siena ed il “Centro Studi Squali – Istituto scientifico CSS” di Massa Marittima (Grosseto), vede coinvolte: Francesca Romana Reinero, coordinatrice scientifica e Consuelo Vicariotto del CSS, la professoressa Letizia Marsili coordinatrice dell’equipe del dipartimento di Scienze Fisiche della Terra e dell’Ambiente dell’Università di Siena, il gruppo di ricerca Magiamare-Siena, attivo nello stesso dipartimento universitario con Guia Consales.
Katiuscia Vaselli