Agroalimentare: dati in crescita nel primo semestre, ma scende il vino. Servono nuove strategie

Nonostante tutte le difficoltà, l’export dell’agroalimentare dal Belpaese nei primi 6 mesi dell’anno registra un lieve aumento. È la fotografia scattata durante l’IDG Export Meeting appuntamento annuale dedicato all’export agroalimentare italiano, dall’osservatorio Nomisma per l’Italia del Gusto per le vendite all’estero dei prodotti agroalimentari nei primi 6 mesi dell’anno. Da gennaio a giugno le esportazioni sono cresciute del +5,9 %, rispetto allo stesso periodo del 2024. Nonostante i dati siano confortanti, ci sono diverse ombre su questi dati. A trainare i valori infatti è anche l’effetto-prezzi: ad esempio l’anno scorso l’olio d’oliva ha segnato un boom di +43% a valore, mentre in questo semestre registra un modesto +6% in volume. La stessa dinamica ha interessato anche caffè e cioccolato, che hanno visto salire vertiginosamente i prezzi dei propri prodotti (+73% e +27%). Crescono in quantità i prodotti lattiero-caseario, i prodotti da forno e le acque minerali. Ma ci sono prodotti che registrano un segno negativo, in primis il vino che con l’effetto dazi registra un calo dello 0,5% in volume e del 3,1% in valore, seguono gli aceti (-2,1% e 2,3%) e i distillati (-2,8% e -10%). Nella classifica dei Paesi europei più performanti per esportazioni, davanti al Belpaese ci sono Belgio (+7,8%), Germania (+9%), Polonia e Paesi Bassi. Secondo Pantini, responsabile per l’agroalimentare di Nomisma già si registrano gli effetti della politica commerciale americana (uno tra i primi paesi importatori dei prodotti dello Stivale). Ciò impone necessariamente un cambio di strategie. «In una logica di diversificazione, lo sviluppo di nuovi mercati diventa prioritario in questo nuovo contesto geopolitico, da perseguire anche attraverso il supporto istituzionale, ad esempio, mediante nuovi accordi di libero scambio e sinergie promozionali e commerciali tra imprese», ha dichiarato Pantini ai microfoni di Gambero Rosso. «Senza mercati più aperti e senza una forte regia istituzionale e associativa – ha sottolineato Alberto Volpe, dg di Italia del Gusto – l’Italia rischia di perdere quote in segmenti chiave».

Stefania Tacconi