Allarme rosso dazi Usa per la Toscana su vino e prodotti agroalimentari

Giovedì scorso, il Presidente Donald Trump ha ribadito con fermezza la sua politica sui dazi, poche ore dopo aver minacciato di intensificare una guerra commerciale globale con dazi del 200% su Champagne e altri prodotti alcolici provenienti dall’Unione Europea. “Non mi piegherò affatto”, ha detto Trump ai giornalisti alla Casa Bianca giovedì. Alla domanda se avrebbe riconsiderato una nuova serie di dazi che entreranno in vigore il 2 aprile, Trump ha offerto la risposta con una sola parola: “No”.

Il pericolo, del quale si parla ormai da tempo, si fa dunque sempre più reale e concreto. E se attualmente i dati sull’export del 2024 indicano che è stata raggiunta la cifra record di 8 miliardi di euro in esportazioni per quanto riguarda il comparto vino, con una crescita del 6% rispetto al 2023 (secondo quanto riporta Wine Monitor Nomisma), c’è poco da gioire. In parte, questo successo può essere dovuto anche agli acquisti di scorta precauzionali degli importatori americani, in vista dell’imminente arrivo dei dazi. Alla X conferenza economica della Cia – Agricoltori Italiani, che si è tenuta questa settimana, è stata presentata l’analisi di Nomisma Agroalimentare. Nella guerra commerciale tra Stati Uniti ed Europa entrano nell’occhio del ciclone i nostri vini più conosciuti Chianti e Amarone, Barbera, Friulano e Ribolla, Prosecco ma anche Pecorino Romano, e persino sidro di mele, una bevanda molto apprezzata dai giovani. Secondo l’analisi di Nomisma a risentirne di più sarebbero proprio le regioni della Sardegna e della Toscana. Nella prima si produce oltre il 90% del Pecorino Romano Dop, che per il 49% finisce negli USA insieme al 74% dell’export dei prodotti lattiero-caseari isolani; la Toscana invece sarebbe a maggior “esposizione” perché esporta nel mercato americano il 28% del proprio export agroalimentare, con l’olio al primo posto per il 42%, seguito dai vini con il 33% delle relative esportazioni. Secondo il presidente della Cia Cristiano Cini, occorre una imminente ed imponente azione diplomatica, cui l’Italia dovrebbe farsi capofila, considerando che è il paese più esposto al rischio, tra quelli europei: “L’export agroalimentare negli Usa – ha dichiarato- è cresciuto del 158% in dieci anni e oggi gli Stati Uniti rappresentano il secondo mercato di riferimento mondiale per cibo e vino Made in Italy, con 7,8 miliardi di euro messi a segno nel 2024”.

Stefania Tacconi