L’argomento del capitolo della sanità nel bilancio dei conti pubblici torna alla ribalta dopo il racconto sul Sole 24 Ore dell’ultima relazione della Corte dei conti al Parlamento, in cui è emersa, per l’Italia, una situazione di importante disallineamento dell’ammontare del fondo sanitario nazionale rispetto alla Germania e alla Francia. Allontaniamoci dal farne una questione politica dell’ultimo Governo in carica, dato che, di fatto, i tagli alla sanità pubblica vanno avanti da diversi anni e la questione è di natura strutturale, non transitoria.
Quando la spesa pubblica è funzionale a un modello socioeconomico equo, ispirato ai valori costituzionali, che rispetti la capacità di garantire un pavimento di assistenza sanitaria e di dignità ai più vulnerabili, che garantisca diritti fondamentali come l’istruzione anche a chi non se lo può permettere, nell’interesse generale della comunità e dello sviluppo della società, non dovrebbe mai essere una questione di parità di bilancio. Diversamente, a mio avviso, la presenza del dimezzamento di un fondo sanitario nazionale per l’Italia, rispetto a quello tedesco, e di un ammontare dello stesso di poco superiore alla metà di quello francese, deve far riflettere, perché segnala un arretramento del Paese, in questo caso il nostro, sulle tutele pubbliche. Che, in atri termini, significa demandare tutto al sistema privato e dare la possibilità di curarsi in futuro solo a chi dispone delle risorse economiche per farlo, in maniera tempestiva, avendo la capacità economica di sopportare anche costi elevati per le necessarie cure mediche.
Quanto conta, dunque, il finanziamento del sistema sanitario nazionale rispetto al Pil per quest’anno?
Si attesta al 6,27% del Pil, e, dati alla mano, considerando aggiornamenti Istat e dati della NADEF, sarà lo stesso per il 2025, fino al 6,20% nel 2026.
Due fatti hanno acceso i riflettori sul sottofinanziamento del sistema sanitario nazionale: l’appello firmato da 14 scienziati nel nome del «salvataggio della sanità pubblica» e la carta di Firenze. Il primo, mette in evidenza che oggi la spesa sanitaria in Italia non è grado di assicurare compiutamente il rispetto dei livelli Essenziali di Assistenza (LEA) e che permangono forti differenze territoriali nell’accesso ai percorsi di diagnosi e cura. L’invecchiamento della popolazione, l’inverno demografico, la carenza di personale medico sono tutti fattori che impattano negativamente sull’evoluzione crescente dei bisogni sanitari e sull’implementazione delle tecnologie sanitarie. Lo standard dei Paesi europei avanzati è quello di un finanziamento dei SSN pari all’8% del PIL. Significa necessità di stanziare fondi pubblici per ulteriori 32 miliardi di euro quest’anno, e 37,4 il prossimo.
La Carta di Firenze è il primo manifesto mondiale contro l’ageismo sanitario, nasce per tutelare gli over 85, visto che, oggi, nel SSN italiano le prescrizioni farmacologiche e i regolari controlli raccomandati dalle linee guida si riducono fino a dimezzarsi negli over-85, con la conseguenza di registrare un sostanziale sotto-trattamento, nel 40% dei casi. Solo a pensarci mi vengono i brividi: ma come si può dare un prezzo all’età della vita…
Forse, ancora, in diversi non si rendono veramente conto di come la mancanza di fondi nel SSN amplifichi le disuguaglianze e le vulnerabilità. Ma, purtroppo, accade di farlo proprio quando ci riguarda personalmente.
Maria Luisa Visione
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