Compie oggi 45 anni una delle attività storiche di Siena, la Grotta di Santa Caterina, ristorante meglio conosciuto come Bagoga, dal soprannome che il proprietario Pierino Fagnani aveva avuto quando era fantino del Palio.
Di Palii ne ha corsi uno soltanto Pierino e la sua fortuna non è stata quella per cui, ragazzino, era venuto a Siena da Montalcino. Eppure qualcosa del Palio gli avrebbe portato invece enorme fortuna e fu appunto il soprannome: Bagoga. Non c’è senese – e nemmeno turista buongustaio – che non associ Bagoga alla buona cucina della più antica tradizione senese.
Perché quando il giovane Pierino si rese conto che in Piazza non avrebbe trovato pane per ogni giorno, si dedicò a una passione – rubando il mestiere con gli occhi mentre faceva i lavori più umili nei ristoranti senesi – che oggi rende il suo ristorante uno dei più famosi della città, di sicuro dei più apprezzati: il ragazzino venuto in città senza niente, pieno solo di speranze e di sogni, costruì giorno dopo giorno quel luogo unico che è la Grotta di Santa Caterina (da Bagoga, per tutti) e che a distanza di 45 anni continua a essere un punto di riferimento per quanti cerchino sapori semplici di una volta, prodotti di alta qualità che il nostro territorio sa offrire, rivisitati ma non troppo per rimanere genuini e apprezzati.
La storia del ristorante è quella dell’uomo, quella del ragazzo che ha colto le sfide della vita e le ha cavalcate proprio come accadde quell’unica volta in Piazza, durante il Palio.
Bagoga decise di acquistare una trattoria in disuso perché ritenne che fosse giunto il momento di mettersi in proprio. La Grotta di Santa Caterina si trovava nei pressi del santuario della Santa senese ed era stata aperta nel 1956 nei locali di un ex-carbonaio e tenuta da due vecchini, come li chiamava Bagoga, ma ormai era chiusa da tempo.
Uno dei due, per problemi di salute mentale, era ricoverato al manicomio di Volterra, mentre l’altro non voleva più saperne di fare il ristoratore.
La notizia di questa osteria chiusa e in vendita arrivò a Bagoga, reduce dall’esperienza sul tufo e con una buona dote di esperienza nelle cucine. Decise quindi di andare a vedere di cosa si trattava. Il ristorante era praticamente abbandonato, ma fu amore a prima vista. Sapeva che sarebbe stata dura, ma era la sua occasione, o adesso o mai più.
Il tempo per decidere era poco dato che eravamo a metà aprile e alla ne del mese di maggio le licenze dovevano essere riportate in Comune e la grotta di Santa Caterina sarebbe morta per sempre. Come tra i canapi per il Palio, dovette decidere d’impulso senza stare troppo a pensare e Bagoga disse sì.
Oggi Pierino ricorda ancora che la firma del contratto “fu fatta all’ospedale psichiatrico di Volterra”.
Il tempo di sistemare alla meno peggio e con pochi soldi e l’8 maggio 1973 nacque la Grotta di Santa Caterina da Bagoga. Fu scelta questa data perché a Montalcino , suo paese natale , era festa. La Festa della Madonna (peraltro quest’anno ricorrono i 300 anni dal miracolo della Madonna delle grazie, ndr).
“Io ai fornelli a dare il meglio di me, mio suocero a lavare i piatti. In sala, accanto ad un cameriere di professione, c’era sempre uno studente universitario che cercava di arrotondare per arrivare a fine mese. Sono tutti ritornati a trovarmi, oggi sono laureati e molto di loro addirittura professori”, ricorda
La scommessa era quella di far rivivere, in un’atmosfera molto caratteristica, una semplice e autentica tradizione gastronomica fatta di una genuinità conta dina delle origini rivisitata nei piatti offerti.
Così nacque un ambiente singolare, frequentato da senesi e non. Professori e studenti universitari si incontravano e discutevano alla pari. I visitatori che venivano da fuori erano attratti da un’aria che fon deva tradizione toscana popolare e novità, mentre i senesi piano piano lo eleggevano a un nuovo luogo d’incontro. Nei piatti e nelle “chiacchiere” di Bagoga si trovavano infatti già da subito un’accoglienza ed una simpatia spontanea e genuina. Fecero così della Grotta un luogo unico che fa sentire subito a casa chiunque passi la sua porta.
Questa sera la festa con i tanti amici e clienti di sempre e con un menù che ripercorre i piatti della storia del ristorante (naturalmente non manca la panna, per cui Bagoga era famoso).
Francesco, nato nello stesso anno del ristorante, ricorda così l’infanzia da figlio di Bagoga:
“Anche io, come tutti i bambini, da piccolo guardavo con ammirazione e orgoglio il lavoro del “babbo”. Il mio babbo è un cuoco (non lo chiamate ‘chef’ che si arrabbia e dice ‘gli chef sono i francesi, noi siamo italiani’). Da bambino lo vedevo nella sua divisa con i pantaloni a quadretti, la giacca bianca e il cappello, come una sorta di super eroe, un mito da imitare. Durante la stagione estiva, quando le scuole erano chiuse, non era difficile che molte mattine le passassi a ristorante. Sì, il ristorante, come lo chiamiamo noi, una sorta di gemello nato nel mio stesso anno. Era, ed è, la nostra casa; qui passiamo la maggior parte del tempo, qui si sono sviluppate e susseguite molte vicende della nostra vita, qui continuiamo a vivere tutti i giorni. Quando, da ragazzo, tornavo da scuola io non andavo a casa, ma piuttosto ‘passavo dal ristorante’, mettevo la cartella in un angolo della sala, dietro al mobile, aspettavo la fine del servizio per mangiare e, se c’erano dei bicchieri da lavare, toccava a me. Come dicevo, capitava spesso che la mattina in estate, una volta svegliati e fatta colazione, mia mamma mi dicesse ‘Oggi si va al ristorante’. Se si riusciva a uscire di casa a un’ora decente (noi abitiamo alle Volte Basse, una decina di chilometri da Siena), verso le 11 eravamo al ristorante”
Auguri, Bagoga, da tutti noi!
Katiuscia Vaselli
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