Da dietro le sbarre di una cella arriva un messaggio che supera ogni confine: a scriverlo è Alessandro, detenuto di Santo Spirito, agli operai della Beko, che rischiano il proprio posto di lavoro. Un gesto che unisce due mondi apparentemente lontani, ma accomunati dalla stessa lotta per la dignità.
“Sono uno degli ultimi. Per essere più preciso, io sono un detenuto della casa circondariale di Siena, di questa città. Un grande profeta disse: “Beati gli ultimi, perché saranno i primi”. È così. Io mi sono sentito in dovere di essere il primo a scrivervi, da dietro queste calorose sbarre di ferro, come nota che è il ferro che va battuto quando è caldo”, afferma.
“Da principio ero titubante – continua-, mi vergognavo, ma in un attimo ho realizzato che la vergogna più grande è quella che sta ricoprendo Siena per la perdita dell’ennesima industria. Non faccio parte della dirigenza, di nessun sindacato, di alcun membro della giunta comunale, ma faccio parte di una piccola comunità che si vuole stringere attorno a voi con un grandissimo abbraccio solidale. Voglio quindi aggiungere che non sono neanche un ministro, ma sono uno dei tanti ingredienti finiti a bollire nel brodo di un minestrone, con una sorte un po’ simile a quella che è toccata a voi in questo triste periodo, che invece doveva coinvolgervi in quella che è stata la luminosa felicità del Natale. Io sono con voi – aggiunge-, pur avendo la consapevolezza che il mio rumore farà solamente un soffocato tintinnio. Voi però siete in tanti e con l’unione e la forza delle vostre 299 anime dovete insistere per poter forgiare a vostro piacimento quel ferro che fino ad oggi avete mantenuto rovente alla temperatura giusta affinché sia ancora malleabile”.
La missiva è stata letta oggi da Don Carmelo Lo Cicero, parroco della casa circondariale e da sempre in prima linea a supporto dei lavoratori, davanti ai cancelli dell’azienda. Il recluso ricorda una città ferita dalle chiusure industriali: “A Siena vige un sistema schematico che non ha mai permesso alle grandi aziende di durare nel tempo”, sono le sue parole. “Questo sistema è un rompicapo senza soluzioni, il quale ha costretto per anni intere famiglie a pregare affinché l’ultima risorsa, la cassa integrazione, non avesse mai termine. Comunque si sa, a Siena siamo forti con la ribollita”.
“Dietro ai vostri striscioni ho riconosciuto volti familiari, volti dei vostri colleghi con i quali ogni mattina condividevo la colazione nello stesso bar e ci si scambiava il sorriso seguito da un buongiorno, perché sapevamo entrambi che il giorno non poteva essere altro che buono – continua-, forti del fatto che ognuno di noi aveva un lavoro sicuro. Nelle vostre manifestazioni ho potuto riconoscere i volti di persone del Paese nel quale mi ero trasferito, quindi conoscevo anche i membri dei loro nuclei familiari e perciò il mio dispiacere è ancora di più amplificato”.
Ma c’è anche spazio per la speranza: “Vi abbraccio fortissimo e mi auspico che tutto finisca presto, per me e per voi, in maniera da ripartire alla grande. Mi auguro di ritrovarvi nel solito bar per scambiarci quel sano buongiorno”.
Parole che, da dietro le sbarre, diventano manifesto di speranza. “Beati gli ultimi perché saranno i primi”.
MC
Nella suggestiva cornice del BarMam, raffinato caffè adiacente al museo Archeologico e parte integrante del…
La comunicazione ufficiale ancora manca ma ci sarebbe una data per il nuovo tavolo in…
Lungo la Senese Aretina, a seguito di un incidente, è temporaneamente interdetta al transito –…
Il concorso Città del Vino "torna nella sua sede originaria, qui a Siena, nella storica…
Fondere arte, natura e pensiero per lasciare un segno permanente nel cuore del Parco reale:…
Associazione Arte Continua, nell’ambito del progetto Le Città del Futuro, in collaborazione con Fondazione Elsa…