L’accusa al ministro Adolfo Urso di aver mentito ai lavoratori e la proposta di mantenere un atteggiamento “del bastone e della carota” con Beko Europe: Carlo Calenda, leader di Azione, racconta la sua versione dei fatti sulla vertenza che coinvolge i 300 lavoratori del sito di viale Toselli, che rischiano il posto di lavoro.
E davanti ai cancelli dell’azienda, parlando con gli operai e con le rappresentanze sindacali, fa sapere che la misura del golden power “non salvaguarda i posti di lavoro come vi hanno raccontato – le sue parole rivolgendosi ai dipendenti-. Dice invece una cosa diversa: l’azienda dovrà fare tutto quello che gli è possibile per non andare in competizione con le altre fabbriche europee e chiudere i siti. Questo in gergo tecnico si chiama “best effort”, ed è una clausola che si mette nei contratti e che non serve a niente perché è: ‘Tu farai il tuo meglio’. Ed il ‘tuo meglio è piuttosto soggettivo”.
Ecco quindi che per Calenda il vertice del Ministero del Made in Italy “ha mentito” ai lavoratori. “Io gli ho chiesto la clausola del golden power. E se quello che ho detto è vero chiederò le sue dimissioni. Nessuno è tenuto a risolvere le crisi per definizione, ma quello che non si può fare è dire una menzogna, lasciando le persone tranquille mentre si sta consumando un fatto drammatico”.
L’ex-ministro è stato accolto dal coro ‘La gente come noi non molla mai!’ cantato dagli operai. “La ragione per cui sono qui è cercare da un lato un po’ di attenzione che è fondamentale, perché se la questione non diventa politica non gliene frega niente a nessuno – ha aggiunto-. Poi c’è un secondo motivo che è di merito: i vostri sindacati mi hanno chiesto di verificare se le clausole messe all’interno del golden power effettivamente tutelavano livelli occupazionali ed impianti. Perché me lo hanno chiesto? Perché il golden power non è pubblico, le clausole non sono pubbliche. La prima cosa che ho chiesto, con un’interrogazione, è che queste siano dunque rese note. E suggerisco che i sindacati facciano un accesso agli atti”.
Quindi la strategia per rilanciare l’impianto. “Non esiste in questo settore una reindustrializzazione, cioè non si può prendere un piccolo imprenditore e metterlo a gestire questo impianto – sostiene-, perché fallisce tre minuti dopo, che lo Stato gli ha dato i soldi. Questo è un settore è un settore gestito da multinazionali”.
Secondo il leader di Azione “bisogna andare dalla Beko e dirgli che ci sono due alternative: la prima è che io ti faccio un ricorso sulla base di una clausola, che so essere debole, per l’1% sul fatturato di multa; oppure ti offro, in cambio di un mutamento di linea verso prodotti più avanzati, sennò non ne venite fuori, due cose: sul costo dell’energia, di assimilare questo settore industriale a quello dell’acciaio energivoro, in modo da abbassare il prezzo del 15%; ti pago gran parte della riconversione della linea industriale sul prodotto a più alto valore aggiunto in cambio di un impegno di investimento per almeno dieci anni di tempo.
MC