Beko, stallo sulla cassa integrazione e sulla mobilità volontaria: i sindacati sollecitano enti locali, azienda e Governo

Si stende ampia l’ombra della preoccupazione tra i lavoratori dello stabilimento Beko di Siena, a poco meno di due mesi dalla firma dell’accordo al Ministero delle Imprese.

Dopo settimane infatti ci sono ancora troppe zone grigie in merito sia alle politiche per chi vuole lasciare l’azienda, una trentina di operai, e sia per chi attende la definizione degli ammortizzatori sociali che garantiranno, tra il 2026 e il 2027 – periodo tra lo stop della produzione in viale Toselli e l’addio definitivo della multinazionale al sito, nell’attesa di un soggetto reindustrializzatole – la copertura economica.

I timori sono stati rappresentati dai sindacati di categoria di Cgil, Cisl e Uil oggi, durante il coordinamento nazionale delle sigle che rappresentano i metalmeccanici.

“Entro la fine settimana sarà chiesto un incontro al Governo per fare un punto sull’iter in corso – fa sapere Daniela Miniero, Fiom Cgil Siena – . L’obiettivo è definire un ammortizzatore sociale che non sia legato alla dismissione, ma alla continuità lavorativa e alla salvaguardia dell’occupazione. Parallelamente, solleciteremo l’azienda ad avviare le procedure per l’incentivo all’esodo. Come parti sociali di Siena, abbiamo già richiesto un incontro sia alla Provincia che al Comune, non solo per accelerare l’iter dell’ammortizzatore sociale e dell’incentivo all’esodo, ma anche per esercitare la giusta pressione — su mandato dei lavoratori — per avere chiarimenti sullo stato dell’acquisizione dello stabilimento e sul processo di reindustrializzazione”.

 

 

Per quanto riguarda la cassa integrazione la palla è passata dal Ministero delle Imprese al Ministero del Lavoro. Ma dal dicastero presieduto da Maria Elvira Calderone ancora non sono emerse novità sul fronte delle soluzioni trovate per i lavoratori. Ricordiamo che va trovato uno strumento normativo inedito e ad hoc, visto che ad ora la cassa integrazione a zero ore è prevista per la dismissione, e la vertenza senese non rientra in questo ambito.

“Alcuni operai hanno espresso la volontà di uscire volontariamente dall’azienda, ma ad oggi non è ancora stata avviata la procedura di mobilità volontaria ex articolo 223. Abbiamo sollecitato l’apertura di questo percorso – dice anche Giuseppe Cesarano, Fim Cisl Siena – Secondo: abbiamo richiamato l’impegno del Ministero a portare avanti la cassa integrazione, o in alternativa i contratti di solidarietà, per una durata di 24 mesi. Tuttavia, il decreto necessario non è ancora stato emanato”.

“Per gli altri stabilimenti del gruppo è prevista l’attivazione dei contratti di solidarietà come strumento di tutela. Per lo stabilimento di Siena, invece, il Governo si è formalmente impegnato a varare un ammortizzatore sociale non legato alla cessazione delle attività, ma alla continuità produttiva, in coerenza con l’impegno alla reindustrializzazione del sito previsto nell’accordo – così Massimo Martini, Uil Uilm Siena-. È quindi fondamentale chiarire, al più presto, quali ammortizzatori sociali verranno effettivamente utilizzati, sia a Siena che negli altri stabilimenti. Allo stesso tempo, esiste un’esigenza concreta da parte di molti lavoratori che hanno scelto l’uscita dall’azienda per intraprendere nuovi percorsi lavorativi: per questo è urgente accelerare le procedure”.

Marco Crimi