In questi giorni terribili Bergamo è diventata tristemente famosa perché indicata come una delle città italiane dove il Covid-19 è comparso e si è sviluppato con una mortalità impressionante. Secondo l’Eco di Bergamo nel mese di marzo sono morte 5400 persone di cui 4500 riconducibili al virus che ha bloccato il nostro Paese. Ed è qua che abita e lavora Alessandra Chiavegatti, anni orsono pubblico ministero a Siena dove è stata titolare di numerose inchieste tra le quali quella dei “tubi scambiati alle Scotte” e l’infanticidio in un collegio femminile nel centro della nostra città. Oggi è giudice al tribunale di Bergamo. La raggiungiamo telefonicamente con l’intento di intervistarla e di sapere come affronta e vive queste lunghe giornate in una terra scossa da un virus sconosciuto e temibile. Ci accoglie con la gentilezza di sempre e ben presto le domande che avevamo preparato finiscono nel cestino perché l’intervista si trasforma in una lunga e piacevole chiacchierata dove affrontiamo i più disparati argomenti molti dei quali personali.
“Da un mese sono a casa per una febbriciattola che è scomparsa solo tre giorni fa. Sono in isolamento e lo terminerò solo tra quattordici giorni”. La dottoressa Chiavegatti la sentiamo sorridere e fin da subito capiamo che non è sua intenzione lamentarsi. Anzi. “Devo dire che in questi giorni ho lavorato da casa ultimando alcune sentenze e ho portato avanti il mio ultimo libro”. Racconta dell’innata passione di scrivere poesie, ma le sue sono un misto tra rime e profonde riflessioni e anche quanto sta scrivendo ora ripercorre un cammino lungo e crediamo non facile. “Con immensa tristezza e altrettanta convinzione penso che questo stop era necessario. Dovevamo fermarci da questo tempo assurdo. Io l’ho preso come un regalo”. Il magistrato si ferma un attimo e ripercorre con la mente, il cuore e le parole le migliaia di tragedie che il covid-19 ha seminato su Bergamo e in Italia tutta. La dottoressa abita da sola e nelle piccole cose quotidiane come il fare la spesa, per esempio, è aiutata da un suo amico e dal fruttivendolo di fiducia a cui per telefono chiede le cose di cui ha bisogno.
“Le mie giornate trascorrono veloci tra il lavoro e il mio libro”. La conversazione va avanti a lungo ed è caratterizzata dal buon senso e dalla capacità della dottoressa Chiavegatti di trasmettere serenità anche in questo momento. E’ sempre stata così anche durante le sue inchieste senesi dalle quali “ volò” via per Catania. Un’esperienza professionale che, intuiamo dalle parole della dottoressa Chiavegatti , fu pesante per non dire devastante. Capiamo che il periodo siciliano fu davvero brutto. “Poi sono arrivata a Bergamo, una città che non è la mia e che ad onor del vero non conoscevo. Ci sto bene. In questo stare chiusa in casa proseguo un cammino intrapreso tempo fa” che l’ha portata con coraggio a rimettersi in gioco e a guardare con occhi diversi il presente non dimenticando mai il passato. “L’ho analizzato e mi sono data anche dei voti”. Ride. Continuiamo a parlare e il tempo passa velocemente. Arriva il momento di salutarci con la promessa di risentirci quanto prima e nel buttare giù il telefono una frase di questo giudice colpisce più di tutte le altre: “se non ti impegni e non duri fatica non puoi raggiungere l’obiettivo”. Alessandra Chiavegatti l’ha fatto e lo fa nella sua vita professionale e personale nonostante il Covid-19.
Cecilia Marzotti