Bion, la psicoanalisi ed i gruppi – seconda parte

Nella scorsa puntata ho tracciato un pezzo della vita e degli interessi di Wilfred Bion. Nel pezzo di oggi vorrei provare ad approfondire le sue riflessioni per quanto riguarda appunto le dinamiche presenti nei gruppi.

Bion, per primo, identifica nella loro matrice più primitiva alcune modalità di funzionamento basico. Chiama queste dinamiche con un termine dal sapore quasi matematico: assunti di base. Ne descrive tre diversi tipi: di attacco e fuga, di dipendenza, e di accoppiamento. Prima di passare a descrivere nel dettaglio le dinamiche relative a ciascuno degli assunti, vorrei però cercare di rendere chiaro il concetto stesso di assunto di base attraverso una metafora tessile. Un tessuto è in genere composto da un ordito (posizionato in verticale sul telaio) e da una trama che lo incrocia in orizzontale. Con il loro intreccio compongono il disegno del tessuto e con la loro coesione ne caratterizzano la pesantezza, la compattezza, la sofficità, insomma quella che, nel gergo delle stoffe, definisce l’impressione generale di un tessuto come la “mano”. Ma quando il tessuto si consuma è possibile che queste due componenti si separino e così se si indebolisce o sparisce la trama, l’ordito torna fuori, dando un aspetto diverso e quasi lacerato alla stoffa. Un gruppo di lavoro che si costituisce per uno scopo preciso è come un tessuto nuovo, ma anche lì naturalmente esiste un ordito di fondo che viene fuori solo in particolari condizioni di usura, di difficoltà. Ecco si può dire che Bion ha individuato qual è l’ordito emotivo di fondo di ogni gruppo, anche di quelli che funzionano bene, un ordito che invece nel suo esperimento si palesò in un modo fin troppo evidente.
Il primo assunto che descrive è quello che chiama di attacco e fuga. In questo caso il gruppo agisce come se la sua sopravvivenza fosse insidiata da un nemico esterno e dipendesse dalla possibilità di metterlo in fuga. Si vive nell’impressione di essere sempre sotto attacco di un odiato nemico esterno che si contrappone invece al gruppo sentito come totalmente buono. Ma ben presto la paranoia, sentimento predominante in questo assetto, si infiltra anche nel gruppo e quindi ci saranno i fedeli più fedeli e quelli che invece, secondo le sensazioni circolanti, stanno già per tradire o hanno già tradito. Tutto insomma si basa su una scissione buono/cattivo.
Il secondo assunto, quello di dipendenza, invece si basa sull’idea che bisogna conservare e mantenersi l’amore di un leader onnipotente. Qui l’ansia è quella di essere abbandonati, nessuna ostilità verso il leader può essere espressa, di conseguenza saranno spesso presenti sensi di colpa che nascono dall’ostilità inespressa. Il gruppo è caratterizzato da una grande capacità di sottomissione all’autorità senza che, per questo, l’autostima di ciascuno venga intaccata.
Nel terzo assunto, quello di accoppiamento, il gruppo è in perenne attesa che nasca un salvatore che si generi all’interno di quel gruppo da una coppia interna. Qui l’ansia primitiva è quella di essere esclusi, ed è il nascituro atteso, quasi come un nuovo Messia, che con le sue qualità salvifiche sostiene la speranza dell’intero gruppo. Ma nel gruppo il leader ancora non c’è.
Nei gruppi, in genere, tra queste tre modalità se ne afferma una che prevale a lungo. Ogni gruppo infatti tende a conservare lo status quo, mostrando resistenze notevoli a modificarsi. Molto più raramente possono alternarsi anche nel breve in maniera rapida, ma questo in genere capita nei momenti di crisi e quando è in corso un riassetto dell’intera situazione emotiva.
Non so se risulta chiaro quanto la comprensione di queste dinamiche possa essere utile e non solo nella gestione di un gruppo o di una comunità terapeutica. Infatti, diventano, una volta compresi e saputi “leggere” in filigrana, strumenti molto utili anche nella gestione di un’azienda o di uno spogliatoio sportivo o di un ufficio, solo per fare qualche esempio dei tanti possibili. Il comprendere l’atmosfera emotiva prevalente ci aiuta a capire dove ci troviamo e forse dove stiamo andando.
Vorrei, per ulteriore chiarezza, fare un esempio che ci riguarda da vicino. Si potrebbe, infatti, pensare che la comunità senese ha vissuto per un bel periodo nell’assunto di base di dipendenza, dove alcune istituzioni cittadine rappresentavano i leader indiscussi e indiscutibili della comunità, garantendo benessere e avendo in cambio ubbidienza e rispetto da tutti. Quando però la crisi ha messo in crisi tutto l’assetto, rapidamente la comunità si è spostata sull’assunto di attacco e fuga, vivendo da un lato il timore che dall’esterno eventuali “assalitori” potessero depredarci di tutto e dall’altro la fase, molto evidente ancora adesso, delle divisioni interne, quella in cui il nemico è stato individuato all’interno, ancora non messo in fuga e dove ormai nessuno si fida più di nessuno.
Lo stesso Bion inoltre per rendere ancora più chiari questi concetti fa l’esempio di alcune istituzioni o macro gruppi che sono di per sé portatori di assunti di base. In tal senso l’Esercito è il rappresentante più ovvio dell’assunto di attacco e fuga. Creato per la difesa di tutti, vive solo se c’è un nemico identificato e se non c’è bisogna trovarlo. L’assunto di dipendenza invece è rappresentato da un’organizzazione religiosa, dalla Chiesa dove i leader ideali sono non solo indiscutibili ma addirittura immortali e divinizzati. Infine identifica l’Aristocrazia (forse l’esempio che trovo meno convincente) come rappresentante di quello di accoppiamento.

Bion, che ebbe in sorte una vita lunga e ricca di successi (1897 – 1979), viaggiò molto risiedendo per lunghi periodi negli Stati Uniti, in Sud America ed anche in Italia dove ha a lungo vissuto sua figlia Parthenope, oltre naturalmente all’Inghilterra che è sempre rimasta la sua base. I contributi che ha dato alla psicoanalisi individuale sono altrettanto, se non più importanti di quelli che ho cercato sommariamente di descrivere per i gruppi.

Bion al matrimonio della figlia Parthenope

I suoi lavori sono sempre caratterizzati da un linguaggio che, ricco di formule, assomiglia molto a quello matematico. Importanti le sue riflessioni sul rapporto tra contenitore e contenuto, e quelle relative alla struttura del pensiero. Infatti nel pensiero rintraccia due classi diverse di elementi: quelli alfa e quelli beta. Ogni elemento beta è portatore di una modalità psicotica incomprensibile di pensiero e per essere utilizzato deve essere trasformato in elemento alfa. Inoltre, sul modello della tabella periodica di Mendelejeff, cerca di costruire una griglia degli elementi del pensiero dove si incrociano da un lato la genesi del pensiero e dall’altro il suo utilizzo. Questo incrocio genera così una serie di possibilità, ma per la verità il tentativo è molto difficile da capire e forse anche ad essere davvero utilizzato.


È inoltre noto ed eternamente citato per alcune sue massime rivolte a coloro che hanno scelto di diventare psicoanalisti o psicoterapeuti. La più conosciuta e profonda è quella che consiglia ad ogni terapeuta che si metta al lavoro di ascoltare “senza memoria e senza desiderio”, cioè permettendo alla propria mente di farsi sempre sorprendere dalle comunicazioni del paziente, sventando così il rischio di credere di aver già capito tutto (senza memoria) e senza voler in alcun modo condizionare o indirizzare il pensiero del paziente (senza desiderio). Qualcuna di queste massime ha anche quel tono un po’ misterioso e quasi misticheggiante che forse gli derivava (ma questa è solo una mia impressione) dal fatto di aver vissuto i primi dieci anni di vita in India. Quella più intrigante ipotizza il rovesciamento dell’idea usuale secondo cui è il pensare che genera i pensieri. In realtà, secondo lui, i pensieri sono già esistenti ed esigono un apparato mentale per essere pensati e quindi un pensatore che se ne doti e riesca così a trovarli.
Con lui comunque la psicoanalisi allarga lo sguardo su temi clinici mai affrontati prima come la cura delle forme gravi di schizofrenia e comincia a interessarsi degli aspetti sociali del nostro vivere, uscendo dagli studi privati ed incamminandosi sempre di più dentro la società.

Andrea Friscelli