Calcio, cosa succede?

Il 13 novembre 2017 la nazionale di calcio maschile non riesce a qualificarsi ai Mondiali di Russia 2018, da quel momento scoppia il caos.
Già da alcuni mesi si denotava nel nostro calcio qualcosa che non andasse alla perfezione. Troppo spesso la nazionale maggiore soffriva al cospetto di avversari sulla carta inferiori.
Lunedì sera è stato nuovamente così, i nostri giocatori hanno dato il massimo ma la vittoria non è arrivata.
Quindi per prima cosa mi viene da pensare che l’abnegazione, la volontà di vincere la partita e l’impegno ci sia stato.
Però forse è mancato qualcos’altro, forse è mancata quella qualità che ci ha contraddistinto negli anni passati.
Anni fa eravamo abituati a campioni veri, a giocatori ambiti dalle più grandi società di club, oggi invece questi campioni sono molti meno, forse nessuno?!
Da addetto ai lavori e da persona che condivide ogni giorno della settimana con futuri giocatori, mediocri o eccellenti che siano, mi sono reso conto che buona parte di coloro che si occupano della formazione e dell’accrescimento dei ragazzi/e hanno virato su obiettivi diversi.
Il calcio giovanile è quel settore dove si formeranno i giocatori del domani e prevede il raggiungimento di obiettivi che serviranno ad elevare e potenziare le abilità dei nostri ragazzi/e.
Di solito la domenica, il giorno della gara, è il momento in cui ci si confronta con gli avversari, sia sul piano tecnico, tattico, ma anche sulla politica adottata per far crescere i giocatori.
Molto spesso mi capita di trovare allenatori, dirigenti e responsabili che ‘’stressano’’ i ragazzi, disinteressandosi del “bel gioco” e concentrandosi esclusivamente sulla vittoria.
Così facendo si tende a scegliere giocatori che sono più grandi fisicamente e per questo anche più incisivi sul risultato della gara… e quelli più piccoli fisicamente?
A loro la strada viene sbarrata, perché “in quel momento” (cioè 14 anni) non sono all’altezza e vengono così soffocati, perdendo forse un tesoro prezioso che avrebbe potuto fornirci un giocatore bravo tecnicamente ed intelligente tatticamente.
Ma vale davvero la pena essere un campione glorioso all’età di 14 anni, per poi non essere più nessuno già all’età di 19 anni?
Riflettiamo….
“Mister abbiamo perso la partita oggi!! Mi spiace tantissimo”
“Non ti preoccupare, perché quello che più conta è che abbiate fatto una buona prestazione”

Gian Marco Benelli
Dott. In Scienze Motorie, Sport e Salute
Si occupa da anni di riatletizzazione e performance sportiva in varie discipline sportive (calcio, basket, volley e maratoneti/triatleti).
gianmarcobenelli@libero.it