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Eventi estremi, cambiamenti climatici e perdite economiche: un punto della situazione per riflettere

Gli eventi climatici condizionano sempre di più ogni ambito della nostra vita. Diversi studi hanno analizzato e conteggiato i potenziali danni economici stimabili in futuro, che richiedono un’azione efficace di politica economica e sociale in ogni Paese del mondo.

Partiamo dall’evoluzione storica osservata già nel 2021 da un gruppo di ricercatori appartenenti al Dipartimento di Eccellenza EMbeDS e all’Istituto di Economia della Scuola Superiore Sant’Anna, insieme a colleghi della Pennsylvania State University. Lo studio si concentra su alluvioni, tempeste, uragani, temperature estreme, siccità, incendi, frane e dissesti idrogeologici presenti in tutto il mondo dal 1960 al 2014. Seppur l’incremento dei danni documentati è compatibile con il cambiamento climatico, non viene stabilita una correlazione diretta.

L’evidenza più importante è come, in 50 anni, l’impatto economico degli eventi estremi si sia moltiplicato: tra il 1970 e il 2010 per un disastro considerato tra l’1% dei più dannosi è aumentato di circa 20 volte. In dollari significa che se nel 1970 causava circa 500 milioni di dollari di danni, nel 2010 le perdite erano già salite a 10 miliardi di dollari (complici l’aumento della popolazione e della ricchezza potenzialmente distruttibile come gli edifici). In particolare, lo studio stimava che, ogni anno, un evento catastrofico estremo costasse circa 26 milioni di dollari in più dell’anno precedente al netto degli aumenti attribuibili all’evoluzione di reddito, popolazione e prezzi.

Maggiore vulnerabilità nel tempo confermata, successivamente, ad ottobre 2022, dal Disaster Risk Management Knowledge Centre (DRMKC) del Joint Research Centre (JRC) della Commissione Europea con sede, in Italia ad Ispra, alle porte di Varese, dove è stato realizzato un laboratorio europeo per la gestione in tempo reale delle crisi provocate dai disastri naturali. JRC ha definito un indice basato prevalentemente su dati Eurostat per indagare le possibili evoluzioni; in Europa l’Italia è il paese più vulnerabile alle catastrofi naturali, insieme a Bulgaria, Romania e Grecia, con una classificazione di permanenza nel tempo di tale condizione fino al 2035. Gli ambiti indagati riguardano le dimensioni ambientale, economica, politica e sociale, ma è sintomatico come sia proprio quella politica che spiega la maggior parte della variabilità degli effetti per l’Italia.

In base all’indice, la regione italiana più fragile in assoluto su tutte le dimensioni nel 2022 era la Calabria, seguita dalla città spagnola Ciudad de Melilla e poi da Campania e Sicilia. Quella meno il Friuli-Venezia Giulia, seguita da Liguria e dalla Provincia di Trento.

Arrivando a giorni più vicini, il 2024 Climate and Catastrophe Insight Report di Aon rivela che le 398 catastrofi naturali a livello globale hanno causato perdite economiche per 380 miliardi di dollari nel 2023, rispetto ai 355 miliardi del 2022.

Vediamo qualche dato italiano del 2023; l’alluvione in Emilia-Romagna di maggio è stato il sesto evento catastrofale a livello mondiale per perdita economica, pari a 9,8 miliardi di dollari (perdite assicurate per 600 milioni di dollari). Mentre, le tempeste convettive hanno evidenziato che le regioni del Nord Italia e della pianura padana sono tra le aree più esposte al rischio grandine in Europa. Infine, l’alluvione di ottobre-inizio novembre in Toscana ha generato perdite economiche per circa 2 miliardi di euro. Lo stesso Report evidenzia che, sempre nel 2023, 95.000 persone a livello globale hanno perso la vita a causa dei rischi naturali, il numero più alto registrato dal 2010.

Tutto ciò ha prodotto un’accelerazione nella definizione di modelli matematici in grado di stimare i rischi, ma non è possibile pensare di prevedere quando si verificano gli eventi negativi con esatta probabilità.

Come abbiamo osservato in questi ultimi giorni, le previsioni meteo non sono una certezza e soprattutto variano a una velocità tale da essere difficilmente gestibili anche nel quotidiano.

Solo un’azione preventiva, a mio avviso, può calmierare il rischio, riducendolo. In alcuni casi significativamente, pensiamo ai terremoti e alle strutture di sicurezza degli edifici.

Ma è evidente che necessita un’azione di politica economica forte in questa direzione, che non si risolve nel deresponsabilizzare al cittadino la copertura del rischio e della potenziale perdita economica. Per quanto sia fondamentale il comportamento individuale e la prevenzione assicurativa, la risposta al problema non può essere: “mancano i soldi”.

Maria Luisa Visione

marco crimi

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