‘Che bella Siena!’, disse Leone XIV con un ricciarello in mano: Lojudice racconta la sua amicizia con il nuovo Papa

‘Che bella Siena!’: disse colui che sarebbe diventato Leone XIV al cardinale Lojudice con un ricciarello in mano, o magari un pezzo di panforte, oppure un cavalluccio. La scena ci piace immaginarla in questo modo.

Mentre l’aneddoto lo racconta l’arcivescovo parlando del suo rapporto con il pontefice: “Mi colpirono da subito la sua affabilità, la sua delicatezza, il suo tono sempre moderato e rispettoso. Ricordo un dettaglio simpatico: prima di Natale e di Pasqua, porto spesso dolcetti senesi alla pausa caffè delle riunioni. Ormai è una piccola tradizione attesa da tutti. Lui, la prima volta, mi disse: “Che bella Siena!”, e raccontò di aver frequentato spesso il monastero delle monache agostiniane di Lecceto”.

“Anche ieri, quando ci siamo salutati, abbiamo scherzato su questo: ‘Chissà come reagiranno le monache di Lecceto?’ gli ho chiesto – continua-. E lui, sorridendo, ha detto: “Salteranno di gioia!”. Sono certo che è così. Quando le rivedrò, porterò loro il suo saluto. E so che pregheranno per lui, per la sua nuova missione e per tutto ciò che lo attende. Quando Francesco mi nominò membro del dicastero per i vescovi, iniziai a partecipare alle riunioni che si tengono due o tre volte al mese. Dopo qualche tempo, si unì anche lui – allora ancora solo vescovo – proveniente dalla sua diocesi in Perù – continua-. Fu così che iniziammo a conoscerci, nei momenti informali tra una riunione e l’altra. Poi, due anni fa, quando il cardinale Ouellet andò in pensione, Papa Francesco nominò lui come nuovo prefetto del Dicastero, e il nostro rapporto si consolidò ulteriormente”.

Ma che tipo di pontificato sarà quello del primo vescovo di Roma statunitense? “Bellissimo e condiviso – la risposta di Lojudice-. Il Papa non è solo, né deve esserlo. È il pastore scelto da Dio per guidare la Chiesa, ma tutti noi lo accompagniamo, seguendo l’unico, vero pastore: Gesù. Francesco ha impresso un’accelerazione notevole ad alcuni processi storici della Chiesa. Sono convinto che Leone XIV continuerà questo cammino con serenità, profondità e grande competenza. E che la Chiesa, nei prossimi anni – forse secoli – dovrà proseguire su questa strada”.

Poi sensazioni delle due settimane vissute dalla morte di Francesco fino all’elezione di Prevost. “Giorni intensi – continua Lojudice- . La notizia della morte di Papa Francesco, arrivata proprio quel lunedì mattina, ci ha colti tutti di sorpresa e profondamente colpiti. Sebbene fosse evidente la sua sofferenza, lo avevamo visto ancora affacciarsi in piazza, e in molti – me compreso – speravamo potesse restare con noi ancora per qualche mese. Dopo lo smarrimento iniziale, è però subito prevalsa la consapevolezza che nella Chiesa c’è Dio, c’è lo Spirito Santo. Lui ormai è al cospetto del Signore, gloria a Dio. E noi abbiamo il dovere di colmare quel vuoto, nel miglior modo possibile. Il giorno seguente abbiamo ricevuto la convocazione: tutti i cardinali erano attesi martedì mattina alle 9. Da lì ha preso il via questo intenso cammino”.

 

 

Quindi il percorso per il conclave: “Sono iniziati incontri e dialoghi molto interessanti, momenti di autentico confronto. È stata un’esperienza che mi ha riportato alla memoria l’assemblea convocata anni fa da Papa Francesco sulla Praedicate Evangelium, la riforma della Curia. Anche allora, come oggi, ho percepito chiaramente la dimensione universale della Chiesa – aggiunge l’arcivescovo-: cardinali da tutto il mondo, con vissuti e prospettive diverse, ma tutti riuniti con uno stesso scopo. Il confronto è stato sereno, diretto, libero, guidato dal cardinale decano, Giovanni Battista Re. E siamo andati avanti fino al giorno stabilito: il 7 maggio. Lì è cominciata l’ultima fase del conclave, che si è conclusa in due giorni. Ognuno di noi ha espresso in coscienza ciò che lo Spirito Santo suggeriva. È inutile negarlo: ho spesso immaginato questo momento. Ricordo che, l’ultima volta che entrai nella Cappella Sistina, qualche anno fa, pensai tra me e me che forse un giorno ci sarei tornato non per una visita culturale, ma per un evento ben più significativo. E così è stato”.

I momenti finali, ha detto ancora Lojudice, “Sono stati probabilmente i più intensi. La ritualità antica – l’Extra omnes, l’isolamento, la fumata bianca – ha un fascino particolare. Ma, più profondamente, ciò che si percepisce è la presenza viva dello Spirito Santo, che guida ognuno, con la propria sensibilità, verso la scelta migliore. Non tanto la “persona migliore”, ma la scelta più giusta per il bene della Chiesa. Poi, naturalmente, questa riflessione si concretizza in un nome. Seguono discussioni, valutazioni, varie fumate… e infine emerge con naturalezza il consenso, senza che si tradisca il segreto cui tutti siamo tenuti fin dall’inizio del conclave. Quindi l’acclamazione, l’attesa finestra che si apre e il mondo che vede il nuovo Papa, Leone XIV, che si presenta, parla, invoca la pace, benedice. Un momento toccante, semplice e profondamente umano”.