Se il mio rapporto con il Fisco non passasse dall’imposizione ma dal dialogo e dalla collaborazione?
La percezione di autorevolezza dell’Amministrazione Finanziaria nel suo pieno e riconosciuto significato di riuscire a indirizzare i comportamenti verso l’equità, per avere piena legittimazione, necessita, a mio avviso, del ripristino di una fiducia che nel tempo è scemata. Considerando che la percezione di utilità arriva quando due soggetti si trovano in condizione di equilibrio, senza la sensazione di avere solo obblighi (e non benefici), fidarsi oggi significa verificare che il gettito fiscale venga messo realmente a servizio della collettività, attraverso una funzione di controllo semplice che permetta di monitorare come si declina il binomio spesa pubblica/efficienza-qualità dei servizi pubblici.
In altre parole dovremmo impegnarci per diffondere la cultura fiscale. Parlo di quella cultura che ha trovato le radici nella nostra Costituzione, per la quale, forti di un senso civico di collettività e di appartenenza allo Stato dedito al bene comune, si riscopre il valore dell’essere disposti a rinunciare al beneficio individuale per l’interesse di tutti.
Non so se la notizia che a metà aprile ci sarà una pagina informativa personalizzata nel ”cassetto” dell’Agenzia delle Entrate con la quale il contribuente potrà conoscere come sono state utilizzate le proprie imposte, sia un primo passo verso il ripristino della cultura fiscale.
Tuttavia, penso che possa essere uno step nella direzione della consapevolezza. In sostanza, grazie a tanti punti di accesso: da SPID (sistema pubblico di identità digitale che consente di utilizzare le stesse credenziali per tutti i servizi on line delle amministrazioni pubbliche) alle password e al pin dei servizi dell’Agenzia delle Entrate; dalla carta nazionale dei servizi al portale Inps o a quello di NoiPa; da un Caf a un professionista abilitato, avremo la fotografia della distribuzione delle risorse fiscali sulle principali voci di spesa del bilancio pubblico. Potremo sapere quanto delle tasse versate sono andate a finanziare: sanità pubblica, previdenza, istruzione, sicurezza, ordine pubblico, trasporti, cultura, protezione del territorio, servizi generali delle pubbliche amministrazioni. Sapremo anche se le nostre personali tasse sono indirizzate verso quota parte del debito pubblico o, invece, come contributo al bilancio dell’Unione Europea. Sapremo cioè dove finiscono i soldi ai quali rinunciamo oggi a beneficio della collettività, con tanto di tabella e grafico a torta.
Affinché tale processo di consapevolezza diventi abitudine, però, occorre incentivare i contribuenti ad attivarsi. Sono molti ancora in Italia a non aver richiesto l’accesso SPID o, a non aver richiesto le credenziali per l’accesso al cassetto INPS.
La consapevolezza nasce dalla conoscenza. Attiviamoci per sapere come i nostri versamenti all’Erario si trasferiscono in servizi pubblici. Qualsiasi sia la modalità: telematica o fisica. Verifichiamo quanto e come ciò che versiamo ci è restituito in termini di servizi collettivi.
In questo modo trasformeremo un atto civico o atto dovuto in un atto di senso comune.
Maria Luisa Visione