Uno studio appena pubblicato sulla rivista Cell Metabolism ha individuato specifiche molecole delle cellule pancreatiche beta che guidano all’autodistruzione delle cellule stesse in presenza di diabete di tipo 1 (T1D). Questa scoperta fornisce conoscenze completamente nuove sui meccanismi che regolano il diabete 1 e apre a nuove strade nell’individuazione di strategie terapeutiche attraverso lo sviluppo di vaccini.
Lo studio, guidato da Roberto Mallone in collaborazione con R. Scharfmann, del Cochin Institute di Parigi, e con il team del professor Francesco Dotta dell’Università di Siena, è stato condotto nel quadro del network internazionale INNODIA e nPOD, con la partecipazione del Center for Diabetes Research guidato da D. Eizirik (Free University of Brussels), di P. Marchetti, dell’Università di Pisa, e del laboratorio di spettrometria di massa dell’ESPCI di Parigi (J. Vinh and Y. Verdier).
A partire dal fatto – già noto – che il diabete 1 è causato dalla distruzione di cellule beta che producono l’insulina (l’ormone che controlla i livelli di glucosio nel sangue), la ricerca ha ulteriormente dimostrato che questa distruzione è dovuta a un processo autoimmune. In pratica un tipo di globuli bianchi, chiamati linfociti T citotossici CD8, attaccano le cellule beta, riconoscendole attraverso frammenti proteici presenti sulla superficie di queste ultime. Se dunque, nonostante la crescente frequenza del diabete 1 (+ 4% all’anno in Occidente), il suo trattamento si limita ora a fornire quell’insulina che non viene prodotta dal pancreas, la migliore comprensione del meccanismo molecolare che determina questo riconoscimento autoimmune permetterà in futuro di sviluppare vaccini che permettano di evitare la distruzione di cellule beta.
Nel diabete, infatti, avviene un attacco anomalo da parte dei linfociti alle cellule beta: come farebbero esattamente con cellule infette, si agganciano a queste cellule e poi le distruggono. Lo studio pubblicato ha ora identificato i peptidi che vengono utilizzati dai linfociti nel meccanismo di identificazione delle cellule da attaccare.
Usando tecniche di peptidomica e transcrittomica che permettono analisi su grandi gruppi di dati, i ricercatori sono riusciti a individuare la quasi totalità delle tipologie di peptidi che possono presentarsi, verificando anche che questi peptidi risultano particolarmente abbondanti in presenza di stati infiammatori, come il diabete 1. Le analisi dei linfociti in circolazione nel sangue hanno mostrato che in tutti gli individui, sia sani che sia diabetici, questi linfociti sono in grado di riconoscere i peptidi identificati. Al contrario, solo nei pazienti diabetici questo riconoscimento ha luogo nel pancreas.
Spiega il professor Dotta: “Questi risultati sono importanti per diverse ragioni. Innanzitutto abbiamo chiarito che la cellula beta ha un ruolo nella sua stessa distruzione, rendendosi “più visibile” al sistema immunitario. E questo spiega come mai questi linfociti citotossici sono più numerosi nel pancreas dei diabetici che in quello dei soggetti sani: cosa che invece non avviene nel sangue, dal momento che i linfociti non entrano in contatto con le cellule beta. La conseguenza più importante che emerge è che tutte queste nuove conoscenze aprono la strada allo sviluppo di vaccini per la prevenzione e il trattamento del diabete 1. Vaccini che, al contrario di quelli tradizionali, agiranno con l’obiettivo di neutralizzare invece che indurre la risposta immunitaria”.
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