Continua a far parlare di sé l’uragano Dorian che ha colpito con la sua forza le Bahamas e declassando di potenza anche le coste della California, portando con sé devastazione e purtroppo anche la morte di 20 persone.
Ma noi, siamo al sicuro? Potrebbe mai formarsi un uragano di tali dimensioni sul territorio nazionale toscano in particolare? E potrebbe arrivare fino a Siena? Ne abbiamo parlato con Marco Biagioli (nella foto, sotto), tecnico meteorologo senese (lavora per 3BMeteo e gestisce Meteo Siena 24 insieme a Damiano Sonnini. Inoltre è uno dei soci fondatori dell’Associazione Meteorologia Senese, ereditata da padre Vittorio Benucci).
Che cosa è un uragano e come si forma?
“La genesi di un uragano passa attraverso dinamiche piuttosto complesse. Proviamo a riassumere il tutto nella maniera più schematica possibile. Tutto inizia con la formazione di un’area caratterizzata dalla presenza di temporali, a latitudini tropicali. La prima condizione necessaria è che le temperature superficiali oceaniche su quest’area, siano almeno superiori ai 27°C, affinché i temporali risultino particolarmente intensi e permettano un calo di pressione all’interno dell’area stessa. A questo punto perché si formi una tempesta tropicale vera e propria occorrono un’altra serie di fattori concatenati tra loro: il vento in quota deve essere piuttosto debole, cosicché non dissipi o impedisca la formazione dei temporali all’interno dell’area. Un altro fattore fondamentale è che questa tempesta tropicale rimanga ad una distanza di almeno 10° dall’Equatore geografico, in modo che la forza di Coriolis imprima al sistema depressionario la rotazione tipica dei cicloni tropicali. Il famoso occhio dell’uragano diventa visibile nel momento in cui i venti che ruotano attorno al centro di bassa pressione, superano i 120-130 km/h. L’uragano in questo senso è un sistema che si alimenta da solo, crescendo fino a che non intervengono fattori che ne limitano lo sviluppo. E’ anche per questo che sono molto pericolosi, se scorrono, lentamente, su una superficie marina molto calda possono alimentarsi per molti giorni e guadagnare potenza fino a che non incontrano una superficie più fredda: nel momento in cui raggiungo latitudini più elevate o, nei casi peggiori, fino a che non impattano con la terraferma”.
È vero che l’uragano Dorian è uno dei più potenti dell’era moderna? L’uragano Dorian che ha raggiunto la categoria 5 sulla scala Saffir Simpson, ha battuto un record: è il più forte ad aver mai colpito la terraferma (in questo caso le Bahamas) con venti intorno ai 280 km/h e raffiche massime fino ai 350 km/h. Si stima inoltre che sia uno dei più potenti degli ultimi 80 anni. I cicloni tropicali del Pacifico, chiamati tifoni, hanno aldilà del nome caratteristiche del tutto identiche a quella dei cicloni tropicali atlantici, gli uragani. Esistono infine, su scala minore, dei cicloni mediterranei, chiamati TLC(Tropical Like Cyclones o Cicloni di tipo tropicale) o Medicane (Mediterranean Hurricane). La loro estensione è nettamente inferiore a quella dei fratelli maggiori degli oceani(nell’ordine dei 60-200km) ma le caratteristiche e i meccanismi che ne permettono la formazione sono in gran parte simili. Anche sul Mediterraneo, tutto nasce dalla presenza di un’area temporalesca, dall’assenza di forti venti in quota e dalla presenza di energia elevata per la presenza di una superficie marina calda. Sono infatti frequenti nella prima metà di autunno, quando la temperatura superficiale del Mediterraneo può tranquillamente superare i 25°-26°C. l venti legati a questi cicloni mediterranei possono raggiungere i 120-130 km/h”.
Potrebbe mai avvenire un fenomeno simile (o anche in maniera meno potente) nella nostra città o nella nostra provincia?
“I luoghi in cui è più probabile che si formino sono il Mediterraneo occidentale, in particolare tra le Baleari e la Sardegna, il basso Tirreno, il Mar di Sicilia, il Canale di Sicilia e il Mar Ionio. Possono formarsi anche sul medio Tirreno, ma su Siena è di fatto impossibile che uno di questi cicloni possa arrecare danni simili o superiori a quelli di una violenta perturbazione autunnale. Tornando alle nostre zone, più a rischio, almeno sulla carta, potrebbero essere le isole dell’Arcipelago toscano o le coste più meridionali della Maremma”.
Gabriele Ruffoli