Paolo di Giovanni Fei fu pagato con quindici fiorini d’oro “per chagione di cierto lavorio che fecie a la cappella di sant’Antonio in duomo, cioè, di dipintura, per oro e azurro, e ogni altra sua spesa” . Questo documento, uno dei tanti conservati dall’Opera del Duomo, consente di identificare e dare un nome al prezioso e antico affresco taromedievale trovato all’interno della chiesa dedicata a Sant’Antonio abate, mentre le maestranze chiamate in causa stavano allestendo i ponteggi per smontare, dai due altari marmorei della navata destra, le pale con l’Estasi di San Francesco di Sales, dipinta da Raffaello Vanni , e con lo Sposalizio mistico di Santa Caterina da Siena, del fiorentino Pietro Dandini. Il logoramento della malta non ha reso irriconoscibili i busti delle sante, tutte provviste di aureola dorata e tempestata di decori a stampo. L’antica figurazione dipinta sul fondale della cappella è un ornamento del trittico su tavola posto sull’altare. Ad offrire una testimonianza non ci sono solo i documenti dell’Opa ma anche il lavoro di Pietro di Francesco Orioli sulla copertina della Gabella del 1483, si trova all’archivio di Stato di Siena. Orioli fece dipingere l’omaggio delle chiavi della città alla venerata immagine della Madonna delle Grazie. Le facce delle sante permettono di riconoscere lo stile gentile e vero di Paolo di Giovanni Fei, vissuto a Siena tra la fine del’300 e l’inizio del secolo successivo, un maestro che seppe recuperare la lezione dei grandi artisti del primo Trecento e traghettò la scuola senese verso la vitale stagione del tardogotico. Con il recupero delle due pale, inoltre, si potrà tornare ad ammirare le monumentali strutture architettoniche, e le due tele. La prima, opera del Vanni, raffigura l’ apparizione mistica della Vergine a San Francesco di Sales, il famoso predicatore e vescovo di Ginevra riuscito a riportare nel seno della chiesa cattolica tanti calvinisti elvetici, fu voluta da papa Alessandro VII Chigi. L’altare porta infatti lo stemma del pontefice e quello del cardinale e nipote Flavio Chigi, che fece terminare l’impresa di questa cappella. Nelle altare del cardinale e arcivescovo di Siena Celio Piccolomini invece c’è la preziosa eredità della pittura barocca fiorentina di Pier Dandini, che illustra il matrimonio spirituale di Santa Caterina da Siena. Con tale figurazione si volle cambiare la titolazione dell’altare, che in precedenza era dedicato a Sant’Antonio abate.