Ha ragione Tomaso Montanari quando dice che per noi italiani visitare un museo e come farsi un vaccino: ci andiamo una volta nella vita e così ci togliamo il pensiero.
E siamo in tanti a guardare con ammirazione, invidia ed una punta di rassegnazione ai musei inglesi ed americani, sempre così ricchi di attività, iniziative, appuntamenti da essere visitati tante volte durante l’anno dai ragazzi delle scuole, gli anziani, gli amanti dell’arte e semplici curiosi.
Ebbene, io quest’anno sono stato otto volte al Santa Maria della Scala, di cui soltanto una per lavoro (che – comunque – conta anche quella) e comincio a pensare che questo antico spedale stia diventando un museo diverso da tanti altri e con tante occasioni di visita, anche molto diverse fra di loro.
Ho cominciato a febbraio con due visite: una per godermi Rita Ceccarelli nei panni di Balia Gioconda che incanta bambine e bambini (ed i loro genitori) con le storie di #SienaFrancigenaKids; ed una per emozionarmi davanti alle opere di Norcia custodite a Siena ed esposte per far conoscere a tutti la “La bellezza ferita” dai terremoti del centro Italia. La terza volta è stata a giugno per vedere il video-mapping, le 4 installazioni video realizzate per far capire meglio ai visitatori le fasi di costruzione del Santa Maria della Scala, la sua storia, il suo ruolo sul territorio, la sua funzione di ospedale fino a pochi decenni fa. La quarta volta è stata a luglio per una apertura straordinaria del Museo archeologico in occasione delle Notti dell’Archeologia della Regione Toscana. A settembre – e siamo a cinque – per “scuriosare” fra i banchi, i convegni e la borsa degli operatori del World Tourism Event, il salone mondiale dei siti Unesco, che per la prima volta aveva scelto Siena, ed il Santa Maria della Scala, come propria sede.
La sesta in ottobre per l’inaugurazione della mostra Ambrogio Lorenzetti, che sono poi tornato a rivedere in dicembre con una visita guidata della brava Roberta Poggesi, capace di appassionarci per quasi due ore alle magnifiche opere di questo straordinario artista senese. Sempre in dicembre sono riuscito a non perdermi l’ultimo appuntamento di “Sette Note in Sette Notti”, con una magnifica conferenza di Fabio Gabbrielli e Marco Giamello sui colori della città al tempo in cui Lorenzetti dipingeva il suo ciclo di affreschi sugli Effetti del Buongoverno, seguita da degustazione di birre di San Quirico e dolci senesi ed un concerto degli allievi di Siena Jazz e dell’Istituto Rinaldo Franci.
Otto volte in un anno: credo di poter dire che il 2017 è stato (e di prevedere che il 2018 sarà) l’anno del Santa Maria della Scala.
Roberto Guiggiani