Educare a navigare: un obbligo genitoriale nella società digitale

Viviamo immersi in un’epoca che ha visto la tecnologia ridefinire ogni aspetto della nostra esistenza. I bambini e gli adolescenti crescono oggi circondati da dispositivi digitali – smartphone, tablet, computer, console – che non sono più strumenti occasionali, ma prolungamenti della loro quotidianità. In questo contesto, il compito educativo dei genitori si è fatto più arduo e più delicato: non basta più sorvegliare il mondo fisico, occorre vigilare anche su quello digitale. E questa vigilanza non è una semplice raccomandazione di buon senso: è un obbligo morale, giuridico e, in ultima analisi, umano. Troppo spesso, ancora oggi, i genitori esitano di fronte alla necessità di controllare l’uso che i figli fanno dei loro dispositivi. Si teme di invadere la loro privacy, di incrinare la fiducia, di compromettere un rapporto che si desidera sereno e rispettoso. Ma questa esitazione, per quanto comprensibile, può rivelarsi fatale. In un mondo in cui i pericoli si nascondono dietro un profilo anonimo o una chat apparentemente innocente, non educare equivale a lasciare i figli senza difese.

Tra i rischi più insidiosi che il mondo digitale presenta, l’adescamento online rappresenta senza dubbio uno dei più gravi. Gli adescatori sanno bene come manipolare i bisogni emotivi dei minori, come guadagnarsi la loro fiducia, come insinuarsi nelle loro fragilità. Si presentano spesso sotto mentite spoglie, camuffandosi da coetanei, per costruire un legame che in breve tempo può degenerare in minacce, ricatti, abusi. Come ammoniva Sigmund Freud, “i bambini sono esseri pieni di desideri, ma senza strumenti per difendersi”. In un ambiente privo di confini chiari, questi desideri possono trasformarsi in trappole. I numeri parlano chiaro. Ogni anno, i casi di adescamento online aumentano. Sempre più spesso, le vittime sono giovanissime, e il danno psicologico che subiscono può lasciar segni profondissimi. Pensare che “a mio figlio non capiterà” è una pericolosa illusione. L’amore genitoriale, per essere autentico, non deve chiudere gli occhi di fronte ai pericoli: deve aprirli, e mantenere uno sguardo lucido, vigile, capace di intervenire.

La legge italiana è altrettanto chiara in proposito. L’articolo 2048 del Codice Civile impone ai genitori il dovere di educare e vigilare sui propri figli minorenni, prevedendo la loro responsabilità civile per i danni causati dai minori, salvo che riescano a dimostrare di aver adempiuto con diligenza a questi obblighi. Questo significa che il controllo non può essere sporadico, superficiale o delegato ad altri: deve essere concreto, effettivo, proporzionato ai rischi reali. E il mondo digitale, per sua natura, è carico di insidie che richiedono un livello di attenzione particolarmente elevato.

Spesso, il rispetto della privacy viene invocato come giustificazione per evitare il controllo. Ma la privacy di un minore non è assoluta: è subordinata al diritto-dovere dei genitori di proteggerlo. Come ricordava il filosofo Jean-Jacques Rousseau, “lasciare un bambino in balia di sé stesso, in nome della libertà, è il più crudele degli abbandoni”. La vera libertà si conquista a piccoli passi, sotto la guida attenta di chi ha a cuore il bene del bambino, e non si improvvisa nella solitudine digitale. Controllare non significa spiare, non significa tradire la fiducia, non significa iperproteggere. Significa esserci, con discrezione e fermezza. Significa accompagnare, educare, senza abdicare al proprio ruolo. Significa, come sosteneva Alfred Adler, “avere il coraggio di essere imperfetti”, sapendo che qualche conflitto è inevitabile, ma che il fine ultimo resta quello di costruire una personalità autonoma, sicura, capace di affrontare il mondo con consapevolezza.

Il rischio di non esercitare questo monitoraggio è altissimo. Non si tratta solo di adescamento: i minori sono quotidianamente esposti a cyberbullismo, a contenuti violenti o pornografici, a dipendenze digitali, al sempre più dilagante cybersex che alterano lo sviluppo cognitivo ed emotivo, a truffe online che possono comprometterne la sicurezza. In tutti questi casi, la mancata vigilanza può aggravare il danno, lasciando il minore solo a gestire situazioni che non è preparato ad affrontare.

Essere genitori oggi significa affrontare sfide nuove, che richiedono strumenti nuovi. Occorre abbandonare l’idea che l’educazione sia un processo naturale e spontaneo: è un’arte difficile, che implica fatica, attenzione, strategia, capacità di adattamento. Come ammoniva Platone, “l’educazione non consiste nel riempire un vaso, ma nell’accendere un fuoco”. E per accendere questo fuoco, per nutrire la crescita autentica dei propri figli, è indispensabile essere presenti anche nel loro mondo digitale.

La presenza genitoriale deve essere visibile, tangibile, costruita su regole chiare e condivise. Non deve esserci nulla di nascosto nel controllo: i figli devono sapere che i genitori sono presenti, che monitorano, che si interessano. Non per punire, non per diffidare, ma per proteggere e guidare. Perché l’obiettivo finale non è il controllo fine a sé stesso, ma la costruzione di una responsabilità interiore che porterà, col tempo, all’autonomia.

Dott. Jacopo Grisolaghi

Psicologo, Psicoterapeuta, Dottore di Ricerca in Psicologia, Sessuologo, PsicoOncologo
Ricercatore e docente del Centro di Terapia Strategica di Arezzo
Professore a contratto Università degli Studi eCampus e Università degli Studi Link di Roma

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@dr.jacopo.grisolaghi