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Federica Tozzi: “Padre Corrado era un grande educatore, instaurava un rapporto profondo con le persone”

Federica Tozzi è una senese che ha conosciuto e apprezzato padre Corrado. Ha fatto parte della gioventù francescana, fondata all’inizio degli anni Sessanta a Siena proprio dal frate, e ha anche partecipato ad una delle sue missioni nel continente africano, in Tanzania.

A dieci anni dalla sua tragica scomparsa Opera Laboratori ha deciso di ricordare padre Corrado pubblicando i suoi diari scritti in oltre trent’anni di vita, dal 1979 fino al 2011, quando è venuto a mancare. “Vorrei amare e amare fino in fondo” è il titolo della raccolta dei testi. Verranno stampate 3 mila copie del volume, che è edito da Sillabe, i proventi saranno dedicati al progetto “Nursery and primary school Padre Corrado” a Kongwa, in Tanzania. L’iniziativa si svolgerà venerdì 10 dicembre a partire dalle 21 nella chiesa della Santissima Annunziata in piazza Duomo e avverrà alla presenza del cardinale Augusto Paolo Lojudice, di padre Valerio Mauro, ministro provinciale dei frati cappuccini della Toscana, e del custode dei diari Stefano Di Bello.

Così Federica Tozzi: “Padre Corrado ha fatto tanto, ma credo che l’aspetto peculiare sia stato quello dell’educatore. Io l’ho conosciuto in parrocchia quando ero adolescente. Insieme a colui che è poi divenuto mio marito ho fatto parte della gioventù francescana. E’ stato un grande educatore per più generazioni di senesi, lo si capisce bene anche nei suoi diari. Riusciva ad instaurare relazioni profonde con le persone, aveva una grande capacità pure di analisi psicologica. Capiva le persone e il loro carattere, si accorgeva immediatamente se c’era qualcosa che non andava. E si prendeva cura delle persone, con le quali instaurava un rapporto profondo basato sulla sincerità, sulla fiducia e sul dialogo”.

“Faceva tante cose – prosegue nel suo ricordo Federica Tozzi. – Ricordo bene quando la domenica pomeriggio veniva con noi a fare una visita agli anziani, e anche la sua attività da regista teatrale per spettacoli con fini benefici. Si metteva in gioco, ci dava l’esempio, allestiva il palco e gli spettacoli. Ci teneva molto che ci aprissimo alla vita culturale della città. E poi le missioni in Africa, che erano la sua passione. Ha coinvolto giovani e meno giovani, anche persone che non erano solite frequentare la chiesa. Aveva entusiasmo, anche io partecipai ad un campo lavoro nel continente africano e tornai anni dopo in Tanzania. Aveva un approccio molto moderno e non paternalistico. Per lui in Africa non si andava per donare, ma per ricevere un supplemento di umanità e di cristianesimo dai fratelli africani. Avevamo tanto da imparare da un punto di vista di solidarietà e generosità”.

Gennaro Groppa

 

 

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