Per capire il processo di stabilizzazione del sistema bancario, occorre ricostruire le tappe. Partendo dalla richiesta europea di maggiore patrimonializzazione, si passa dal salvataggio esterno alle procedure di risoluzione interna. Infine, in Italia nasce il Fondo Atlante.
La solidità delle banche
La solidità delle banche europee è espressa dal parametro Cet1, che mette in rapporto il patrimonio di prima classe – ovvero capitale azionario e riserve di bilancio provenienti dagli utili non distribuiti al netto delle imposte – e le attività ponderate per il rischio. La Bce ha portato al 9,9% la misura del Cet1 per l’85% del sistema bancario dell’eurozona, aumentandolo di 50 punti base lo scorso autunno, dopo il processo di valutazione Srep. L’attenzione per il 2016 è su rischi di liquidità e raccolta. Intanto, Veneto Banca e Banca Popolare di Vicenza hanno risposto all’esigenza di patrimonializzazione, rivolgendosi al mercato con un nuovo aumento di capitale.
Bail-in e non più bail-out
Con il bail-out il salvataggio di un’istituzione che verte in stato di insolvenza è a carico dello Stato e può essere di diverso grado. Per la sola crisi di liquidità, la banca centrale si limita a intervenire come prestatore di ultima istanza. Ma, se le attività diventano inferiori alle passività, il costo a carico del bilancio pubblico può arrivare alla ricapitalizzazione, con lo Stato che diventa azionista. Ciò è già accaduto dal 2008 al 2010 negli Stati Uniti e, in Europa, per la Germania e la Gran Bretagna.
Con il bail-in, al contrario, dal 1° gennaio 2016, si stabilisce che il salvataggio deve avvenire all’interno, attraverso i mezzi propri della banca; dopo aver esaurito le riserve, si passa alle azioni e poi alle obbligazioni, partendo dai creditori subordinati. Se ciò non è sufficiente, si attinge alle obbligazioni non garantite e alle eccedenze dei conti correnti superiori a 100.000,00 €, escluse dal Fondo di Garanzia.
Il Fondo Atlante
Il Governo italiano lancia il fondo Atlante, uno strumento privato di mercato gestito da Quaestio SGR che ha un duplice obiettivo: intervenire nella ricapitalizzazione delle banche non sufficientemente patrimonializzate e acquistare le cosiddette tranche junior dei crediti deteriorati cartolarizzati. Quindi, da un lato si evita il rischio concreto che gli aumenti di capitale non vadano a buon fine e, di conseguenza, il bail-in. Dall’altro, il fondo acquista i crediti deteriorati ad un prezzo equo, togliendoli dai bilanci bancari e creando, sembra, un effetto leva nell’ordine dello smobilizzo di circa 15-20 miliardi di euro, a fronte di un conferimento di 3,5 miliardi. Hanno già deciso di partecipare ad Atlante: Unicredit, Intesa San Paolo, Mps, Carige, la Compagnia San Paolo, Credito Valtellinese, Bper, Bpm, Cassa Depositi e Prestiti e Sga. Si prevede di raggiungere una dotazione di 5/6 miliardi con altre adesioni, entro il termine di chiusura di fine aprile. Il FMI valuta positivamente l’operazione non considerandola aiuto di Stato, mentre le società di rating sollevano luci e ombre sulla sua efficacia nel lungo periodo. Atlante riuscirà a sostenere davvero il sistema bancario italiano? Rimane il fatto che gli investitori partecipano a una gestione per trarne profitto e vogliono essere remunerati. Così come, pur accorciando con mirati interventi legislativi i tempi per il recupero dei crediti, è ancora incerto se le garanzie statali ne aumenteranno il valore di mercato.
Maria Luisa Visione
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